Stefania Sandrelli: "Io e Paoli a casa di Morricone. Così è nata Sapore di sale"

L’attrice si confessa. "Il tempo passa ma non sento il peso dell’età. Con mio marito Giovanni ho un rapporto splendido". "Anche se mi fanno interpretare nonne e zie mi va benissimo. Non mi sono ’tirata le pelli’, non voglio perdere la mia espressione".

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La voce di Stefania Sandrelli: una voce da ragazzina, da cui sembra sgorgare, fresca e limpida, la vita. Una voce che ride, la voce di una persona splendidamente "normale", che guarda la vita con gioiosa leggerezza. Al telefono dalla sua casa di Roma, dove vive insieme a Giovanni Soldati, compagno di una vita, Stefania parla di spaghetti e freselle, o di quando si è messa a ballare da sola, in casa, per festeggiare il compleanno. Parla di Vittorio Gassman e di Ennio Morricone, conosciuto quando tutti erano ancora ragazzi: lei, Morricone e Gino Paoli, il suo compagno di allora.

Parla dei registi di ieri – Germi, Scola – e di quelli di oggi, Virzì e Muccino. Racconta del suo primo provino, a quindici anni, all’ombra delle speranze in fiore, e della sua vita di adesso, nonna di cinque nipoti. Parla del nonno, amico di Giacomo Puccini, e della passione per l’opera che l’ha accompagnata tutta la vita. Del suo sogno di fare la ballerina, la prima vera grande passione. Parla degli smartphone che non riesce a dominare, della tecnologia con cui litiga ogni giorno, delle dirette Zoom che non ama fare.

E delle parole che ama, accarezza, che si coccola nella mente, fino a sentirsene avvolta. "Indomita" è la parola che ama di più, in questi giorni. Una carriera infinita, iniziata all’alba degli anni ’60, quando – con una fascia di miss conquistata, adolescente, nella sua Viareggio – approdò a Roma, e fu protagonista di "Divorzio all’italiana" di Pietro Germi. Da allora, più di cento film, tre David di Donatello, sei Nastri d’argento, un Leone d’oro alla carriera. Negli anni ’60 dà il volto all’aspirante attrice usata da tutti in Io la conoscevo bene, negli anni ’70 è nelle mani di Bernardo Bertolucci nel Conformista, duetta con Dustin Hoffman in Alfredo Alfredo, partecipa al capolavoro di Scola C’eravamo tanto amati e a quello di Bertolucci Novecento. Negli anni ’80 affronta con coraggio l’erotismo sensuale di Tinto Brass ne La chiave e i chiaroscuri di Scola ne La famiglia; negli anni ’90 torna a Bertolucci con Io ballo da sola. Negli anni 2000 commuove con "La prima cosa bella" di Paolo Virzì.

Stefania, che cosa ha fatto, durante la chiusura del lockdown?

"Il primo mese ho rammendato".

Ha rammentato?

"No, ho rammendato! Calzini, camicie, maglioni… Mi era venuta la mania! Chiedevo a Giovanni: ‘non hai più calzini da rammendare?’. Punto erba, punto croce, ritrovavo i movimenti imparati da bambina. Poi, quando la situazione si è calmata, ho fatto grandissime mangiate: spaghetti integrali, freselle durissime. Sgranocchiavo tutto il giorno".

Fra poco, però, ricomincerà a girare. Con Pupi Avati.

"Sì, sarà un film sui genitori di Vittorio ed Elisabetta Sgarbi. Io interpreterò la madre Rina Cavallini, una donna fortissima, che ha vissuto con Nino Sgarbi un amore lungo 65 anni. Un amore come quelli di una volta, dove le liti si ricomponevano sempre, e i cocci si rimettevano insieme".

Anche lei vive una storia d’amore lunghissima, con Giovanni Soldati. Qual è il segreto?

"Il segreto è lui: un uomo meraviglioso, ironico, generoso, pieno di attenzioni. Abbiamo una grande confidenza, una complicità enorme. Ha anche la testa dura, molto dura Giovanni: ma mi piace così. Soprattutto, però, amo la sua libertà, Giovanni è un uomo molto libero, come lo era suo padre, lo scrittore Mario".

Vent’anni fa moriva Vittorio Gassman. Lei ha interpretato più di un film con lui. Che cosa le viene in mente?

"Ho rivisto proprio ieri La famiglia di Ettore Scola. C’è quel momento, in cui siamo nel letto insieme. E Vittorio a voce bassa dice: sai cosa penso? Che Beatrice… – è il nome del mio personaggio – Beatrice meritava di più. Ecco, quel momento mi commosse. Lo disse con una voce in cui c’era una grande verità, c’era tutto un mondo di cose non dette dentro la sua voce".

Ha conosciuto, fra i tanti protagonisti del nostro cinema, anche Ennio Morricone. Quando vi siete incontrati?

"Andai a casa sua con Gino Paoli. Ennio era agli albori della sua carriera: aveva un appartamento piccolino, e accanto a lui c’era già Maria, sua moglie, così dolce e semplice. La sua era la grandezza della semplicità. Ennio creò l’arrangiamento di ‘Sapore di sale’ e diresse l’orchestra, con l’assolo di sax di un giovanissimo Gato Barbieri. Gino e Morricone diventarono molto amici".

Com’era Morricone da giovane?

"Molto determinato, cocciuto. Ma era come un artista già perfettamente compiuto. Non era però un individualista: amava molto collaborare".

E con il cinema, per lei, com’è andato l’incontro?

"L’amore per il cinema me lo ha ‘attaccato’ mio fratello Sergio. Lui mi portava a vedere anche due film al giorno, lui mi spiegava tutto. Abbiamo anche girato dei cortometraggi insieme, quando ero ragazzina. Ma non pensavo certo di fare l’attrice, neanche per sogno".

Che cosa voleva fare?

"La ballerina! Volevo studiare ballo a Genova, da un maestro che si chiamava Ugo Dallara. È andata diversamente: mi sfogo ballando come una pazza, da sola. Anche per il mio compleanno, lo scorso 5 giugno".

Poi arrivò il primo provino, a Roma.

"Mi accompagnò mio fratello, negli studi De Paolis c’era Pietro Germi, feci il provino, poi ciao ciao, non pensavo niente di speciale. Non immaginavo che quel giorno sarebbe cambiata la mia vita".

Era il 1961. Oggi lei è ancora bellissima. Come vive il passare del tempo?

"Benissimo! Sono ancora tutta intera, non ancora devastata, e non mi sono ‘tirata le pelli’ come i tamburi. Non voglio perdere le mie espressioni, e va benissimo se mi fanno interpretare madri, zie e nonne".

Questa estate avrebbe dovuto debuttare come regista di un’opera lirica, una Tosca al Pucciniano. Che significato aveva – ed ha – per lei questa esperienza?

"Il punto di arrivo di un amore durato tutta la vita, quello per la musica. Mio nonno era un grande melomane, pazzo per la musica di Puccini: si incontravano, lui e Puccini, al caffè Margherita di Viareggio, e pare discutessero per ore. Dirigere un’opera è per me un sogno, e un modo di ricongiungermi con il mio passato. Nell’opera lirica c’è anche molto di un’altra mia passione, la danza: si tratta di organizzare il movimento di corpi nello spazio, di creare coreografie, gesti. Appena sarà possibile, riprenderò la sfida".

I registi del passato: chi ricorda con più emozione?

"Monicelli, Bertolucci, Scola, Germi: con ognuno c’era un cordone ombelicale, i rapporti sono stati lunghi e importanti. Ma il passato appartiene al passato, penso più al futuro, ai registi giovani: adesso è necessario lavorare con loro e per loro".

Che bilancio fa della sua vita?

"Sono grata. Ho due figli che adoro, Amanda e Vito, e cinque nipoti meravigliosi che sono riuscita a godermi un po’ anche durante il lockdown, sgattaiolando da loro appena potevo, facendo anche qualche strappo ai regolamenti…".

 

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