Giovedì 25 Aprile 2024

L'altro Troisi, il prof che sostituì l'attore nelle scene del Postino

Intervista a Gerardo Ferrara. "Quando finirono le riprese ci disse: ‘Vi amo tutti, non dimenticatevi di me’. Morì il giorno dopo"

 Gerardo Ferrara con Massimo Troisi

Gerardo Ferrara con Massimo Troisi

Napoli, 2 novembre 2018 - "Quando la spieghi, la poesia diventa banale". La frase di Pablo Neruda è il ritratto di Gerardo Ferrara, 55 anni, cilentano di Sapri, che ha vissuto un’esperienza poetica che ancora lo emoziona a distanza di quasi un quarto di secolo: vestire i panni dell’altro Troisi, del suo ‘doppio’ come lo chiama il regista Michael Redford. Insegnante di educazione fisica, Gerardo è stato la controfigura di Massimo Troisi ne ‘Il Postino’. Senza di lui, quel film non si sarebbe mai concluso, visto il cuore malandato di Massimo.

Come è nata la sua partecipazione al Postino?

"Per caso. Il film era iniziato da qualche mese, c’era la necessità di dare un po’ il cambio a Massimo, che non poteva reggere le scene in bicicletta. Fui contattato da un giovane della produzione del film. Mi conosceva e volle una mia foto. Pensavo fosse uno scherzo, due giorni dopo mi chiamarono a Roma. Era l’inizio di aprile del 1994".

Quando incontrò Troisi?

"Arrivò un lunedì, a Cinecittà, mentre giravo di pomeriggio. Si presentò sul set, io ero ansioso, anzi atterrito. Lui mi guardò, mi sorrise e mi abbracciò: ‘E tu solo mo’ ti fai vedere?’. Lo disse con una semplicità complice, di cui solo lui era capace". 

Cosa faceva sul set nei panni dell’altro Troisi?

"Le scene in bicicletta e molti campi lunghi sono stati girati da me al posto di Massimo. L’ultimo ciak lo battemmo il pomeriggio del 3 giugno a Procida. Mentre andava via, lanciò a tutti noi un saluto strano: ‘Vi amo tutti, non dimenticatevi di me’. Il giorno dopo morì".

Anche i suoi affetti in qualche modo hanno incrociato Troisi.

"Seppi della gravidanza di mia moglie Elena durante le riprese. ‘Come sta Pablito? Elena, mi raccomando, lo dobbiamo chiamare Pablito’, le diceva Massimo, giocando con il copione del film (dove il figlio del postino si chiama Pablito, ndr). Quando il bambino è nato abbiamo deciso di chiamarlo Massimo, di botto, senza pensarci su".

Di Massimo ha anche dei ricordi ‘materiali’?

“Sì, il libro di Neruda su cui ha scritto una dedica bellissima: ‘A Gerardo per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro’. Poi mi resta il ricordo, questo sì davvero materiale e indelebile, di un’amicizia vera e meravigliosa, durata purtroppo troppo poco".

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