Sorpresa Pompei, ecco il primo street food

Riaffiora un Termopolio intatto, affreschi dai colori sgargianti e resti di pietanze nei piatti: "Il cibo era vissuto come un piacere"

Migration

di Letizia Cini

Un Thermopolium, una bottega di ’street food’ dell’antica Roma: questa la nuova scoperta in un sito archeologico che dopo 2000 anni ha ancora tanto da raccontare. "Il cibo a Pompei era vissuto come fonte di benessere, datore di vita, basti pensare che prima dell’eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., c’erano oltre 30 panetterie". Zeffiro Ciuffoletti, docente dell’università di Firenze, membro emerito dell’Accademia dei Georgofili e autore di saggi di storia dell’agricoltura e dell’alimentazione, commenta la notizia. "Un luogo quasi integro, con piatti di ogni tipo, dalle lumache a una sorta di paella, arricchisce di nuovi dettagli quanto già appreso, restituendoci un’immagine nitida del giorno dell’eruzione", riprende. Quell’evento tragico ha sigillato i colori e conservato elementi fondamentali per ricostruire usi alimentari e abitudini dei romani di 2 millenni fa.

Intanto la zona: "Si tratta della strada dello “struscio” – riprende il professor Ciuffoletti – : accanto a questa “rosticceria” ante litteram, c’erano un bordello e la locanda dei gladiatori. Nel Thermopolium si vendevano prodotti alimentari e piccoli animali da cortile, ma anche pietanze calde cucinate in loco, zuppe, come testimoniano i contenitori a vaso da 10, 15 litri". In secondo luogo, le materie prime: "Nella zona intorno a Pompei la terra era resa fertilissima dall’attività vulcanica e dava frutti apprezzati ben oltre i confini della città – sottolinea lo storico – . Il mare consentiva spostamenti rapidi alle merci, che arrivavano a Roma, dove erano ricercate. Così Catone nel De Agricoltura lodava i fichi ercolanesi, Columella nel De Re Rustica, il cavolo e le cipolle, componente essenziale della dieta mediterranea, senza dimenticare i vigneti". Il vino era molto importante all’epoca? "Certo, anche se non incontrerebbe il gusto di oggi".

Quello ritrovato negli scavi, che non si sono fermati neppure nei giorni del lockdown, era “corretto” con le fave e pronto per la mescita. "Al tempo non erano noti i segreti della fermentazione, quindi il vino veniva aromatizzato per diventare accettabile – conclude Ciuffoletti – . Nel fondo del vaso in coccio dove la brocca era stata lasciata, è stato ritrovato un coppo e sotto al coppo, un grumo composto da resti di fave macinate, usate per sbiancare la bevanda o per correggerne il gusto".

"L’odore è un altro dei piccoli miracoli di questo scavo – interviene il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna –. Quello del vino ci ha investiti, fortissimo, quando abbiamo aperto uno dei grossi vasi col coperchio che erano sul bancone", incredibile se si pensa che quel vaso era chiuso da duemila anni. I cuochi pompeiani mischiavano carni diverse, pesce e pollame, ma anche lumache e uccelli, dando vita a quello che Osanna definisce "una sorta di paella". Sulla tavola dei pompeiani, secondo fonti antiche e ricerche paleobotaniche fatte sui contenuti dei pozzi neri, non mancavano il formaggio, sia duro sia morbido, le cipolle, le salsicce, le lenticchie, i cerali e naturalmente la frutta: una dieta mediterranea in piena regola.

L’archeozoologa Chiara Corbino, che si è occupata delle presenze animali nei resti di alimenti solidi, conferma che nella bottega erano in vendita cibi cucinati e non, come ribadiscono i raffinati disegni che ornano il bancone: le anatre sono raffigurate sulla fiancata, già morte e pronte per essere spennate, mentre il gallo è ritratto vivo e in tutto il suo splendore.

Non appena le restrizioni anti Covid lo permetteranno, i visitatori potranno ammirare i frutti del nuovo scavo, al quale hanno collaborato archeologi esperti in zoologia, antropologia, botanica: il grande bancone a “elle” decorato con immagini così realistiche da apparire quasi in 3d, la coppia di oche germane, uno strepitoso gallo, un grande cane al guinzaglio sopra al quale un buontempone aveva graffito un insulto omofobo diretto al padrone del locale: "Nicia cacatore invertito". L’incanto della Leda con il cigno, i misteri del giardino incantato, la ricostruzione di una intera strada, con le case, le botteghe, i balconi. Tutto questo e molto altro è Pompei: un’area ricca di storie, come la vicenda dell’ultimo fuggiasco che gli archeologi hanno ritrovato con la testa schiacciata da un masso, il graffito della piccola Mummia, i calchi dei due fuggitivi che l’eruzione ha sorpreso a un passo dalla salvezza. Per i cultori bloccati dalla pandemia, le scoperte dei nuovi scavi, Thermopolium con il suo straordinario bancone di mescita compreso, e un reportage sulle tracce dei tombaroli nelle viscere della grande residenza di campagna che fu la Villa del Sauro bardato, rivivono nel docufilm Pompei l’ultima scoperta in onda questa sera su Raidue.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro