Sabato 20 Aprile 2024

Sorpresa: Houellebecq ora parla d’amore

Il nuovo romanzo letto in anteprima: nella disperazione si apre uno spiraglio. Il racconto della malattia e l’ipotesi del suo addio alla scrittura

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di Chiara Di Clemente

Estensione del dominio della morte. Estensione del dominio dell’amore. Michel Houellebecq l’aveva preannunciato, nell’ottobre scorso, al Salone del libro di Torino: "Per me l’amore ha lo stesso ruolo che può avere Dio per Dostoevskij. Lui dice: se anche Cristo si sbagliasse è meglio essere con Cristo che con la verità. Lo stesso vale per l’amore". Nel nuovo romanzo Annientare, in uscita il 7 gennaio in Italia con La Nave di Teseo – romanzo che a sorpresa potrebbe essere l’ultimo dello scrittore francese –, il protagonista è, ancora a sorpresa, l’amore.

Indossa, all’inizio, le vesti del solito tipo disperatamente schifoso. Il cinquantenne Paul Raison, assistente del ministro dell’Economia Bruno Juge nella Francia 2027 sotto elezioni presidenziali, vive separato in casa ("l’espressione “casa sua“ denotava già di per sé un irragionevole ottimismo") con una moglie di nome Prudence – il padre fan dei Beatles – in carriera ("non aveva mai cucinato, non le pareva consono alla sua posizione"), della quale si era innamorato poiché si "erano trovati, sin dall’inizio, in totale accordo sulla tassazione delle plusvalenze". Quando lo conosciamo Paul galleggia in "una sorta di disperazione standardizzata" – appunto –, senza figli e costretto all’astinenza sessuale dalla rampante moglie vegana: è solo, nel mezzo del cammin, con dinnanzi a sé la strada spianata in direzione cinismo e misoginia.

Il ministro del quale è diventato confidente è un tecnico che puntando sull’industria delle auto di lusso (e propendendo per la guerra commerciale totale alla Cina e il sostegno incondizionato all’energia nucleare), ha riportato la Francia a essere la quinta potenza economica mondiale: al ministro Bruno viene chiesto di correre in ticket con il candidato farlocco designato dal presidente uscente, affiancandolo, per battere il giovane avversario del Rassemblement National proprio nel momento in cui la Rete è invasa da video terroristici dai contenuti creati con raffinatissimi effetti speciali (in uno il ministro viene decapitato). Paul ritiene il suo amico ministro "una brava persona"; per il resto, Paul arriva a pensare che se l’"obiettivo dei terroristi è annientare il mondo come lui lo conosceva, annientare il mondo moderno, non poteva affatto dargli torto".

È un mondo in cui le sorti della politica sono gestite da esperti di influencer, in cui in un attentato vengono uccisi centinaia di migranti sui barconi nella nuova rotta tra Orano e Cartagena e in risposta è organizzata una diretta tv elettorale su una portaerei in mezzo al mare – parola d’ordine: "dignità" – con cantanti, Inno alla gioia e fuochi d’artificio. Un mondo in cui i potenziali terroristi sono anarco-primitivi, seguaci di Unabomber e di ideologi Deep Ecology, fondamentalisti anti procreazione assistita, satanisti anti hi-tech, adepti della nuova antica religione della Wicca. Ma il mondo che Paul annienterebbe è unicamente quello in cui la vita non è altro che la coscienza della morte. Morire da soli.

Annientare intesse la sua trama con la carne viva del lettore non nella cronaca dell’apocalisse sociale e politica in cui è ambientato (c’è anche un raid di anti eutanasisti nietzschiani), ma nell’apocalisse esistenziale di Paul, risucchiato all’improvviso in due gironi infernali: il primo è la morte sfiorata dal padre (ischemia), catastrofe dirompente eppure calata nella “normalità quotidiana“ che lo riavvicina alla sorella, al fratello, a sé ragazzo (fan di Matrix e Nirvana), a Dio, alla sua Prudence. Il secondo è quello della malattia che lo colpisce: ed è qui, dall’ingresso nel secondo girone che Houellebecq torna a essere spietato, spietato più che mai. La malattia di Paul diventa un calvario condiviso col lettore, non ci sono palliativi che tengano: non Conan Doyle, non Pascal, non la morfina. C’è solo l’agghiacciante progredire nella morte. E c’è un’unica salvezza: l’amore.

Colpo di scena. Ma non il solo. Alla fine delle 752 pagine di romanzo, Houellebecq, 66 anni il 26 febbraio, scrive in prima persona: "Se alcuni fatti sono inaccurati, non è dovuto solo a eventuali errori da parte mia, ma soprattutto a distorsioni volontarie della realtà. Dopotutto questo è un romanzo, la realtà è solo un materiale di partenza. Nonostante ciò, bisogna conoscerla un pochino, per questo ho cercato di documentarmi, soprattutto in campo medico. (...) Tra i medici che consulto regolarmente, il dottor Alain Corré, otorinolaringoiatra, è senza dubbio quello che ha ereditato le responsabilità più pesanti; tenuto conto della vita che ho condotto, non avrei certo rubato un cancro del cavo orofaringeo. (...) Tutto sommato, gli scrittori francesi non dovrebbero esitare a documentarsi di più; molte persone amano la loro professione, e sono felici di spiegarla ai profani. Sono giunto per fortuna a una conclusione positiva; è il momento di fermarmi". La confessione di un male? L’addio alla letteratura? Non sarà più cinico e misogino, ma H. non rinuncia a rimanere un enigma.

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