Sabato 20 Aprile 2024

Soprattutto, un urlo di dolore

Andrea

Martini

La reincarnazione del demonio, come si scrisse allora. Il caso Braibanti ci porta, a ritroso, in un Italia bigotta, spaventata ma ancora in grado di puntare i piedi davanti al mutare dei costumi. Siamo alla fine degli anni Sessanta e con l’accusa di plagio mossa all’intellettuale ed entomologo si mette sotto processo l’omosessualità, intesa come principio corruttivo. “Il signore delle formiche“ prima d’essere una ricostruzione puntuale dei fatti è l’urlo di dolore strozzato del regista che ci ricorda come il passato non sia mai morto, semmai è passato. Gianni Amelio è abile nel tratteggiare con sobrietà la vicenda amorosa, caustico nel disegnare l’universo reazionario del profondo nord (Piacenza e dintorni), puntuale nella messa in scena del processo, accusatore nel descrivere la sostanziale indifferenza, con le scontate eccezioni dei letterati, di un paese in cui già soffiava il vento del’68. Lo Cascio è ineccepibile nel rendere conto del mix di fascino e ingenuità emanato dal “poeta mite” a cui si deve l’abolizione di un reato inventato per reprimere la diversità.

“The Eternal Daughter“ (l’altro film in gara ieri) di Joanna Hogg è un riuscito esercizio di stile, ironico e sorprendente che, ispirandosi al miglior horror della Hammer e fingendosi film di genere, compie fruttuose ricognizioni nelle dinamiche familiari. Una anziana vedova e sua figlia senza prole, cineasta (Tilda Swinton ineccepibile nel doppio ruolo), si recano in un remoto hotel gallese che un tempo era stato dimora della famiglia. Non solo ricordi, molto di più. Soprattutto niente è come sembra. Riflessione solo apparentemente impalpabile sulla creatività.

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