Giovedì 18 Aprile 2024

"Sono Tadzio e Visconti mi ha rovinato la vita"

L’ex adolescente di “Morte a Venezia“ ricorda con rabbia: "Sul set fui trattato come un oggetto. Luchino era un predatore culturale"

di Silvia Gigli

Povero Tadzio. Il fanciullo eternamente bello e diafano, immortalato nel ’71 dal maestro Luchino Visconti in Morte a Venezia, il preadolescente oggetto della passione dell’anziano compositore Gustav von Aschenbach, fece una vita d’inferno sul set del film tratto dal romanzo di Thomas Mann. "Morte a Venezia mi ha rovinato la vita" dice duro in un’intervista a The Guardian, 50 anni dopo il primo ciak.

Björn Andrésen aveva solo 15 anni quando fu scelto per il ruolo di Tadzio, l’oggetto del desiderio vestito da marinaretto. Il successo del film non lo rese solo una star, ma l’incarnazione della bellezza giovanile incontaminata. Oggi ha 66 anni, vive a Stoccolma e alla domanda su cosa direbbe a Visconti adesso, si produce in un "Vaffanculo". Chi vedrà Il ragazzo più bello del mondo, il documentario sul passato turbolento di Andrésen firmato dai registi Kristina Lindström e Kristian Petri, non si sorprenderà per questa risposta.

A Visconti, ricorda Björn, "non gliene fregava niente" dei suoi sentimenti. "Non ho mai visto così tanti fascisti e stronzi come nel cinema e nel teatro". "Luchino era il tipo di predatore culturale che avrebbe sacrificato qualsiasi cosa o chiunque per il lavoro". E quel film "ha rovinato la mia vita". È un bravo pianista, ma "tutto quello che ho fatto e farò sarà associato a quel film".

Nel documentario ci sono i suoi provini: è angelico ma intimidito, soprattutto quando l’interesse di Visconti per lui si infiamma. Il regista lo incalza: sorridi, cammina, togliti la canottiera. Qui il ragazzino si lascia sfuggire una risata nervosa mentre Visconti e i suoi assistenti valutano il suo corpo.

Quando si presentò a quell’audizione, non era un novellino. Sua nonna, che viveva con lui dopo la morte della madre, lo aveva mandato a tutte le audizioni possibili. Björn pensava che Morte a Venezia fosse solo "un bel lavoro estivo". Non immaginava che Visconti gli avrebbe imposto l’isolamento tra un ciak e l’altro e poi lo avrebbe trascinato in un club gay dopo la fine delle riprese.

Dirk Bogarde – l’attore che interpreta il compositore innamorato di lui nel film –, in un suo libro del 1983 scrisse: "Aveva una bellezza quasi mistica. Per preservare la sua carnagione, non gli è mai stato permesso di prendere il sole, giocare a calcio con gli altri ragazzi, nuotare o fare qualcosa che avrebbe potuto dargli il minimo piacere. Ha sofferto tutto splendidamente". Bogarde ne era certo: "L’ultima cosa che che Björn ha mai voluto, era essere nel film". Film intorno al quale si scatenò subito il delirio: a Cannes, "sembrava avessi intorno a me uno sciame di pipistrelli intorno a me. È stato un incubo" ricorda Andrésen e i registi del doc confermano: "A Cannes sembrava un oggetto impacchettato e usato. Né Visconti né gli altri mostrano umanità per lui".

"Non credo che sia eticamente difendibile lasciare che un sedicenne si faccia carico di pubblicizzare quel maledetto film – spiega ora Björn –. Soprattutto non quando torni a scuola e senti: “Ciao, labbra d’angelo“". Iniziò a prendere pillole per reggere lo stress. Poco più che ventenne, si ritrovò a Parigi con la promessa di un lavoro da attore ma visse momenti talmente bui che non vuole evocare – svelano i registi del doc – affermando "non mi pento molto, tranne che per Parigi". Adesso dice: "Non cerco attenzioni. Ho avuto un’overdose 50 anni fa"; recita ancora ma continua a sottolineare che non è la vita che ha scelto. Tre anni fa è comparso nell’horror Midsommar: la sua testa viene massacrata con un martello. Uno scherzo tanto macabro quasi liberatorio: viene distrutto il volto del fanciullo più bello del mondo. Tadzio è morto, lunga vita a Björn Andréson.

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