Siamo tutti Hänsel e Gretel

Giovanni

Morandi

Lo zucchero è diventato un argomento divisivo tra chi ne fa uso e chi lo disdegna e lo demonizza. Tra i golosi e i salutisti. Sono lontani i tempi in cui la nonna teneva la scatolina dello zucchero a quadretti nell’armadio e se si sentiva un po’ debole zampettava verso la sua camera per andare a prendersi un zuccherino che l’aiutasse a tenersi su. Era la sua medicina per tutto, il suo filtro magico. A quel tempo non era considerato pericoloso, anzi si pensava facesse bene come lo pensavano greci e romani che ne facevano uso come farmaco. Una polvere bianca di cristalli che non si trova in natura e che è una molecola chimica, il saccarosio, estratta dalle radici della barbabietola e dalla canna da zucchero. Sostanza dal passato glorioso, che ha cambiato il corso della storia, che ha procurato sconfinate ricchezze, che è stata all’origine di guerre, di conquiste, di dolore per milioni di uomini fatti schiavi e destinati alle piantagioni. Federico II fu tra i primi a intuirne i vantaggi ai tempi dei crociati che tornavano con quello che chiamavano il sale dolce.

Una storia che ora sembra giunta al capolinea, oggi che celebriamo il trionfo degli zero zuccheri. E se anche magari la storia non sarà finita, di certo sarà ridimensionata nei paesi ricchi che non hanno problemi di fame ma di obesità. Una dolcezza che può risultare insidiosa e che ricorda la fiaba di Hänsel e Gretel, i due fratelli smarriti nella foresta, che trovarono la dolce casetta di marzapane, e la trovarono invitante ma che si rivelò pericolosa perché era abitata da una strega terribile. Una fiaba che sembra fatta per i nostri tempi se la si pensa come un’esortazione a diffidare della dolcezza.

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