Sabato 20 Aprile 2024

Sì, scrivo capolavori. Ma mai senza una birra

Riti e vizi dei grandi autori, dalle caraffe di Camilleri ai falò di Vitali fino alla ginnastica di Camon e alla cioccolata di Carofiglio

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di Silvia Gigli

Se “Lavorare stanca“ come ci ha ben chiarito Cesare Pavese, scrivere non è da meno. Non sarà un lavoro fisicamente usurante (ci sarebbe da discutere sullo stato di schiena, cervicale, vista e reflusso gastroesofageo nonché ansia, depressione e attacchi di panico) ma siccome la vulgata vuole che "scrivere sia sempre meglio che lavorare", ecco che il giornalista, autore tv e conduttore radiofonico Mariano Sabatini rimette al loro posto miti e leggende descrivendo lo scrittore così come lui stesso si racconta. Un sognatore capace di ascoltare le voci dei personaggi nella sua mente ma anche quelle di chi incrocia al supermercato o al caffè. Una comare e un eremita al tempo stesso. Un maniaco. Forse. Ma uno splendido maniaco.

"Scrivere è qualcosa che deve prendere il sopravvento" spiega James Ellroy, "è un lavoraccio", precisa Mariano Sabatini nel libro che ha dedicato al lavoro degli scrittori (Scrivere è l’infinito, Vallecchi), perché "non è per tutti né alla portata di tutti". Prendiamo il fenomeno Camilleri. Il maestro siciliano scriveva dalle 8 fino alle 10.30, se poi aveva tempo e voglia riprendeva nel pomeriggio: "Sono piuttosto anarchico. Me ne sto nel mio studio, piccolo come una cuccia. Due tavoli di lavoro, uno grande, regalatomi dal mio maestro di regia, Orazio Costa, e uno piccolo. Ho una sedia ottocentesca da barbiere che ruota e mi consente di passare dall’uno all’altro senza alzarmi. In genere dopo la scrittura mi faccio una birra. Tengo una sigaretta a portata". "Durante il nostro incontro – rivela Sabatini – per la verità di birra ne tenne davanti a sé una caraffa da almeno un litro. Mai vista una cosa del genere". Camilleri venne travolto dal successo a 73 anni ma il suo primo libro, Il corso delle cose lo aveva pubblicato molto prima a sue spese. "Ho avuto 10 anni di rifiuti dalle case editrici ma non ne facevo un dramma. Pensavo che quella non era la mia strada. E quando Elvira Sellerio mi comunicò che Il birraio di Preston era arrivato a 10mila copie, esultai".

Ogni scrittore ha il punto oltre il quale non si può più tergiversare. Gianrico Carofiglio ha dovuto ascoltare il suo orologio biologico: "Ho sentito che il tempo stava per scadere. Allora l’ho fatto. Ora mi piace essere interrotto, vado in palestra, sgranocchio cioccolata e il più delle volte scrivo in treno o in aereo". C’è chi organizza la scrivania come un tavolo chirurgico, chi sguazza nel caos. Liza Ginsburg scrive la mattina "con la cura massima che non sottraggo ad altri impegni. Il mio ritmo circadiano è netto: sono lucida ed energica nelle prime ore del giorno, mentre dopo qualcosa si disperde".

Licia Troisi allontana i rumori del mondo con playlist che generano la pioggia e le onde del mare, mentre lo scrittore scozzese Ian Rankin, passa mesi a fare ricerca e ama scrivere la sera tardi o la notte.

Fanatismo da cartoleria, matite e carta in primis, ciascuno scrittore è un essere a parte con manie, follie, odii e spesso superstizioni. Scalette dettagliate, quasi maniacali o indicazioni vaghe e raptus. E poi, magari, un gran falò liberatorio. È il rito di Andrea Vitali che, "quando il libro è in prime bozze e l’editore è contento, prendo tutte le carte e faccio un bel fuoco. Del romanzo che uscirà resta cenere. La morte sua".

Di feticismo in feticismo, lo sapevate che Ferdinando Camon ha il suo studio al secondo piano dello stabile in cui vive: è la porzione di un appartamento dove dormì più notti un assassino autore di 16 omicidi. Era uno dei componenti della famigerata Banda Ludwig. "Sul campanello ho lasciato il suo nome, perché è un cognome carico di gloria, sia pure funerea". E sempre nello stesso lugubre studiolo ogni dieci minuti si dedica agli anelli per tenersi in forma.

Gabriel García Márquez raccontava che cominciava a lavorare alle 8.30, "ma da mezzogiorno all’una sono all’apice del climax. Questo momento non si può comparare con nient’altro al mondo. Incomparabile… E assolutamente indescrivibile… Mi sa che così deve essere la droga. Uno rimarrebbe così tutta la vita, ma è solo un istante. Poi finisci e leggi e già ti piace di meno. Quel che conta, però, è il gusto di creare".

Perlopiù dominati dalla scrittura serale o notturna, ci sono anche autori che si impongono ritmi da ufficio salvo poi scoprire il bandolo della matassa a notte fonda e cercare ovunque un foglietto per fermare l’intuizione. Spiega invece Stephen King che "le prime ore della giornata sono dedicate alla creazione. Una volta partito un progetto, non rallento e non mi fermo. Se non mi siedo alla scrivania ogni mattina i personaggi avvizziscono, diventando monodimensionali e posticci. La narrazione perde di smalto e non riesco più a padroneggiare la trama e il ritmo della storia. La mia occupazione comincia a pesarmi e per la maggior parte degli scrittori questo è il bacio della morte". Non mollare mai, lo insegna il maestro, anche se si scrivono sciocchezze saranno corrette dopo, l’importante è che la storia sia sempre tesa come una corda di violino.

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