Venerdì 19 Aprile 2024

Se il matrimonio è l’inferno Nel cuore della sposa in nero

La violenza del marito, la forza di una donna: il romanzo di Silvio Danese

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di Chiara Di Clemente

Né con te né senza di te. Il paradosso viene da lontano, da Ovidio, "Ego nec sine te nec tecum vivere possum", e se il cinema ne ha fatto un caposaldo tragico e sublime dell’amour fou nella Signora della porta accanto di Truffaut, la cronaca lo riconsegna – rovesciato e infernale – nella strage dei femminicidi. Solo in Italia, dal 2000 a oggi, le donne vittime di omicidio volontario sono state tremila.

Non può stare né con lui né senza di lui anche la protagonista del romanzo di Silvio Danese Intervista alla sposa (528 pp, La nave di Teseo). Stefania però non si fa uccidere di botte dal marito, che pure la massacra; è Stefania a uccidere Dino, poi a finire in galera. Ed è in galera che la incontra l’intervistatore voce narrante del romanzo: l’uomo ha a disposizione cinque “sedute“ per farla parlare e svelarne il mistero.

Stefania è una donna bellissima, adolescenza agiata ma piena di tormenti; con Dino, bello, ricco, brillante è amore totale, subito. Solo che l’amore di lui muta in gelosia, e la gelosia in violenza. È questo il vero thriller: perché Stefania, donna dei giorni nostri, colta e agiata, non fugge? Perché resta – in segreto dinnanzi alla società che la circonda – a prendere le botte?

"Se in casa non va bene è sempre colpa di lei che non sa come trattare lui, questo pensano tutte", dice. "Forse fino a qualche decennio fa", le risponde giustamente l’intervistatore. "No, non credo", commenta lei e argomenta: "In un matrimonio. Sembra che le cose stanno cambiando ma non è così. Gli uomini accettano che le donne sono pari ma poi, nella realtà, in casa, quando c’è da decidere sui figli o su tutto, tu devi sempre cercare un modo... Sei sempre confinata. Lì, al tuo posto. E se sei diversa, non sei più femmina".

Da qui – e da una carezza non data, e nell’assurda smania di possesso di quella donnastoria da parte dello stesso scrittore – il romanzo si inoltra nell’inferno di un amore femminile tanto assoluto quanto gravido di morte. Stefania viene picchiata da Dino con violenza bestiale, ma in quei momenti "lo sentivo tremare, in lui c’era questa disperazione infinita". Totalmente innocente dinnanzi a quella furia, molte volte quando è picchiata si sente colpevole. "Mancante, sbagliata". Sente di meritarselo. "Non ero debole", confessa, Ero sola". "Ed era solo anche lui, un uomo disperato". E ancora: "non riuscivo, non potevo. Separare la paura dall’amore". I due figli? Dopo che lui la massacrava, sottolinea Stefania, "sentivano la sua tristezza".

Dunque Stefania parla, ma il mistero del rapporto vittimacarnefice invece di svelarsi – o meglio proprio nel disvelamento – si fa sempre più profondamente ambiguo: mille sono i rivoli di possibilità di verità. Mille gli strati dell’anima – della donna e dell’uomo – in cui la verità s’affaccia e si ritrae, tende tranelli, sorprende generosa. Verità che, inseguita allo sfinimento affiancando ai fatti le motivazioni affettive, sociali, psicologiche, ataviche e mitologiche, ribadirà sempre la crudeltà del forte sul debole, la disparità uomo-donna e sempre sfuggirà a una comprensione pacificatrice. Perché non fa parte della vita raggiungerla, la verità. E della vita questo romanzo – irrequieto tra diverse dimensioni letterarie: thriller, inchiesta, memoir sulla nascita di un romanzo – specchia movimenti, sfocature, contraddizioni, ipocrisie, rari raggi di sole, molte oscurità. Specchia il paradosso, più intoccabile e feroce, dell’amore.

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