Giovedì 25 Aprile 2024

Se anche lei abusa del potere: la Mostra è di Cate

Direttrice d’orchestra dalle stelle alle denunce di molestie di una sua musicista, la Blanchett incanta Venezia con “Tár“ di Todd Field

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di Giovanni

Bogani

Nel film Tár di Todd Field, ieri in concorso a Venezia, Cate Blanchett dà vita a un’interpretazione memorabile: una direttrice d’orchestra prestigiosa, determinata, la prima donna, nella finzione del film, a dirigere stabilmente la più importante orchestra tedesca (i Berliner).

Per interpretare Lydia Tár, Cate Blanchett, 53 anni, ha imparato a parlare tedesco, a suonare il piano, a condurre un’orchestra. Da brividi. Nello stesso tempo, Lydia è una donna omosessuale, convive con una violinista, ma è vulnerabile anche al fascino di una nuova orchestrale. Senza fare sconti a nessuno, è capace di zittire e irridere, in un seminario a New York, un giovane musicista omosessuale che non ama Bach "perché ha avuto venti figli ed era un maschilista", con un ribaltamento di prospettiva della "cancel culture". E, infine, Lydia Tár dimostra anche che non solo gli uomini, ma pure le donne, quando hanno il potere, a volte lo cavalcano per avere favori sessuali, e finire sommerse da una pioggia di denunce. Con forza, la diva si candida a un riconoscimento per la sua interpretazione, magnifica e sfaccettata, lei che ha già vinto due Oscar, uno come protagonista per Blue Jasmine di Woody Allen.

Cate Blanchett, chi è per lei Lydia Tár?

"Lydia Tár è un personaggio molto umano, molto vulnerabile. Fin dalla prima sillaba della sceneggiatura, ho capito che era un personaggio complesso, pieno di contraddizioni, e per questo molto interessante".

Dopo Carol, è la seconda volta che interpreta un personaggio omosessuale. Quali sono le differenze?

"Quando abbiamo girato Carol, nel 2015, sentivo che dovevamo, in qualche modo, dare voce a quel personaggio, e a tutte le donne che si sono trovate a nascondere la loro sessualità. Questo invece è un ritratto umano puro e semplice, non un ritratto di qualcuno definibile per il suo orientamento sessuale. Credo fermamente che non sia importante l’omogeneità di genere nel mondo dell’arte, anzi che ne sia la morte. Qui si delinea il ritratto di una donna".

Il film affronta temi molto attuali: il ruolo di una donna in una posizione tradizionalmente maschile, ma anche il #MeToo, o la diffusione online di compromettenti video privati.

"È un film che è molto “contemporaneo“, ma non ne ho mai considerato l’aspetto Lgbt. È, ribadisco, un ritratto umano. Lydia sembra fare proprie tutte le grandi domande che oggi dividono l’opinione pubblica. Come ad esempio il dilemma del tempo che passa. Sta per compiere cinquant’anni, quando sai quello che hai già fatto e ti chiedi quanto tempo hai davanti ancora e cosa farne. Sei all’apice della vita, della carriera e ora puoi solo scendere. E la scalata al successo è molto più facile della discesa, del fallimento".

Nel ’98, all’inizio della sua carriera, venne qui a Venezia con Elizabeth. Come sente di essere cambiata da allora?

"Sto ancora cercando di evolvermi, di trovare la mia identità: l’identità non è una cosa statica. Ci si evolve sempre. È questo che mi dà speranza".

Il regista, Todd Field, 58 anni, è a sua volta una mezza leggenda di Hollywood. Il suo ultimo film, Little Children, è di sedici anni fa; Field era stato salutato dalla critica come una delle grandi promesse Usa, e le sue opere avevano ottenuto nomination agli Oscar. Poi, più niente. Un mare di progetti mai entrati in produzione. "Quando la Focus film mi ha detto che questa volta avrei dovuto allontanarmi da casa per quasi un anno e fare davvero un film, ero così abituato ai niente di fatto che mi sono quasi seccato. Scherzo: questo film non l’ho scritto pensando a Cate Blanchett. L’ho scritto “per“ Cate Blanchett, e per nessun’altra".

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