Mercoledì 24 Aprile 2024

Sconvolse l’Italia perbenista Così Moana entrò nel mito

Il porno tra libertà e trasgressione nel Paese che usciva dagli anni di piombo

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di Giovanni Bogani

Avrebbe compiuto 60 anni ieri Moana Pozzi, icona di bellezza gloriosa, di carnalità e di libertà. Moana senza finzioni e ipocrisie, che diceva sempre tutto quello che pensava. Moana che, in un’intervista a Marzullo, alla domanda "a cosa crede?" risponde, diretta: "Nel presente".

Viveva nel presente, lo afferrava, lo dominava.

Moana colta, elegante. Che ha scelto il cinema porno, e non si è fatta scegliere. Che ha disegnato, su di sé, un’immagine da Marilyn carnale: labbra rosso fuoco, lunghi capelli biondi, un grande corpo bianco, michelangiolesco.

Persino il suo nome è una citazione colta: viene da un film del 1926, L’ultimo Eden, conosciuto come Moana dei mari del Sud.

Dove Moana è un uomo, un guerriero di Samoa. "Ma il nome piacque tanto ai miei genitori che lo scelsero per me", ricordava. Moana significa “il luogo in cui il mare è più profondo”.

Fu un mare profondo quello in cui sembrava esser caduta Moana. Il padre ingegnere nucleare in giro per il mondo, Brasile, Canada, Francia: e lei dietro. L’educazione cattolica rigidissima, la scuola dalle Orsoline e poi dai padri Scolopi, gli studi al Conservatorio. E un’ansia tremenda di libertà: "Di sera non mi facevano uscire e io scappavo dalla finestra, mi proibivano di leggere libri spinti e io lo facevo di nascosto".

Forse è tutta lì, in quella ribellione, la chiave di tutto quello che Moana è stata poi. Era l’alba degli anni ’80: erano finiti gli anni di piombo, cominciavano quelli del riflusso, dell’edonismo reaganiano, del piacere. Lei, diciannovenne, se ne andava di casa, con una valigia piena di determinazione e un corpo statuario.

Le selezioni di Miss Italia, il seno nudo in un videoclip girato con Renzo Arbore alla reggia di Caserta; gli incontri con Bettino Craxi, non ancora presidente del Consiglio, ma già leader del Psi, all’hotel Raphael.

Inizia a condurre un programma per ragazzi in Rai, Tip Tap Club. Ma ha anche iniziato a girare film porno, con lo pseudonimo di Linda Hevert. Poi sarà, per sempre, Moana.

Incontrerà altri uomini, protagonisti dello spettacolo, dello sport, della letteratura: da Marco Tardelli a Francesco Nuti, da Luciano De Crescenzo ad Harvey Keitel. E sarà protagonista del porno, in un’Italia dominata ancora da sensi di colpa e ipocrisie. Lei non ha paura, lei va a testa alta: "Io amo il sesso, mi piace far l’amore. L’amore è la vita stessa", le sue parole.

È sicura di sé, ha classe, ha stile. In tv approda con L’araba fenice di Antonio Ricci, attraversa il cinema di Carlo Verdone in Borotalco. Tocca la politica, candidandosi nel Partito dell’Amore. Ma soprattutto cambia la percezione dell’eros, del porno, nella testa degli italiani.

Si getta, con entusiasmo, nel suo primo film non a luci rosse, Amami, scritto da Giovanni Veronesi, interpretato da Novello Novelli. Vuole uscire dalla sciatteria del porno. Non farà in tempo. Sul set rinuncia alla pausa pranzo, accontentandosi di mangiare in piedi una fetta di pane e pomodoro, per farsi intervistare da un ragazzetto. Che oggi, trent’anni dopo, la ricorda con gratitudine.

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