Iva Zanicchi: "Nilla Pizzi e lo schiaffo di mamma. Ma a Sanremo ci sono andata davvero"

L’aquila di Ligonchio: da piccola urlai a mia madre che avrei cantato al festival, l’ho vinto tre volte e ci torno a 82 anni

Iva Zanicchi è nata a Ligonchio in provincia di Reggio Emilia, il 18 gennaio del 1940

Iva Zanicchi è nata a Ligonchio in provincia di Reggio Emilia, il 18 gennaio del 1940

L’amica Orietta ne ha uno in più, ma amen. Iva Zanicchi non ha esitazioni nel parlare del suo undicesimo Sanremo come di quello definitivo. "Nei panni di concorrente è di sicuro l’ultimo", ammette. "Sto benissimo, ‘Voglio amarti’ è una gran bella canzone, quindi, le condizioni per chiudere bene ci sono tutte. In qualche modo lo devo al Festival e alla mia storia, sono nata su quel palco". Scoprì Sanremo davanti al televisore dell’osteria di Vaglie di Ligonchio. "Sì, in paese a quel tempo le tv erano due, quella del prete e quella dell’osteria della signora Pallati. Noi andavamo all’osteria perché il clima era più vivace. Ricordo che davanti al trionfo della Pizzi io, in piedi sulla sedia e con la voce rotta dal pianto, gridai: un giorno li ci sarò anch’io lì e vincerò il Festival di Sanremo. Per tutta risposta mia madre Elsa mi rifilò un ceffone e poi si si rivolse ai compaesani dicendo: scusatela, è peggio dello zio Giovanni che voleva diventare Papa e non era nemmeno prete". Come le era venuta la voglia di palcoscenico? "A Vaglie l’Enel che al tempo si chiamava ancora Edison, ogni anno regalava alla comunità uno spettacolino in piazza. Ero una bambina, ma la passione per il palco arrivò subito. A dirigere era un giovane Ermanno Olmi di cui m’innamorai seduta stante". Nel 1965 arrivò il suo primo Sanremo. Esclusa. Visto che oggi l’eliminazione è stata eliminata, la reputa un’inutile crudeltà? "Più che cantare, quella prima volta belai per l’emozione. Per gli artisti la gara ad esclusione non é piacevole, ma ai fini dello spettacolo credo sia molto accattivante. Sangue e arena. Ricordo che nel mio secondo Festival, quello in cui cantavo ‘La notte dell’addio’ di Memo Remigi, buttarono fuori addirittura Celentano con ‘Il ragazzo della via Gluck’. Però è più giusto così". Ora torna. "È stata la trasmissione televisiva ‘D’Iva’ e la possibilità di poter cantare con una grande orchestra dal vivo a mettermi addosso la voglia di Sanremo. E poi c’è la canzone, arrangiata Celso Valli, non so se mi spiego... ". È nata in pieno inverno, sotto la neve, in una stalla. Sua madre la depositò nella mangiatoia della mucca che stava mungendo nell’attesa di essere soccorsa dai nonni Giuseppe e Maria. Avrebbe potuto anche montarsi la testa… "Effettivamente negli anni ho pensato di essere un po’ una prediletta, un po’ figlia di Dio per davvero. Sia chiaro che i miei non vivevano in una stalla, ma il caso aveva deciso di farmi nascere mentre accudiva la Nerina, una mucca che faceva tanto latte". Fu il bisnonno Lorenzo a dire che era nata di giovedì e di luna buona, quindi, che nella vita sarebbe stata molto fortunata. "Almeno lui... Mio padre Zefiro, che si aspettava un maschio, rifiutò di vedermi per tre giorni. E pensare che, per uno scherzo del destino, dei quattro figli sono quella che gli assomiglia di più: lo stampino esatto. Pure mamma non mi ha amata da subito sentendosi dire, ancora stravolta dal travaglio del parto: ‘dai che il prossimo sarà maschio’. Alla vista del bisnonno le sue prime parole furono: ‘oh nonno, che disgrazia, è nata un’altra femmina… e per di più bruttina’. Anche in paese regnava un certo malumore, perché le bevute per il tanto atteso figlio maschio degli Zanicchi non ci sarebbero state". A proposito di familiari, ha fatto morire sua zia una decina di volte per togliersi da situazioni imbarazzanti. "Si chiamava Verina e usavo la sua improvvisa, prematura, dipartita per tirarmi fuori da avances indesiderate. Una volta l’ho tirata in ballo anche per sottrarmi alle pressanti attenzioni di Alberto Sordi. Come diceva mamma il mio più grosso difetto è non saper dire di no. Secondo Verina quelle mie bugie le allungavano la vita". Con Morandi avete mai ricordato il vostro fortunatissimo tour americano del ‘73? "Mi sono ripromessa di farlo a Sanremo. Rievocando magari storie come quella dell’oriundo che mi chiamava “Zanicca” e che al Madison Square Garden mi portò in regalo un pacco di carta igienica ritenendo che in Italia ancora non la usassimo. Ringraziandolo, gli dissi: ne ha uno pure per Gianni, perché se no, sa, magari ci rimane male". Episodio surreale. "In quel tour ne avemmo un altro simile, in Canada. Eravamo a cena da una famiglia che aveva fatto fortuna con l’import-export. La moglie del nostro ospite ci mostrò con orgoglio un’invenzione di cui pensava fossi completamente all’oscuro: la stanza da bagno. Gianni, per scherzare, si sdraiò dentro la vasca dicendo che avrebbe voluto dormirci tutta la notte e la padrona di casa stupita e imbarazzatissima, ripeteva: ma lì ci si lava!". Ancora oggi considera album come ‘Caro Theodorakis’, ‘Caro Aznavour’, “Io sarò la tua idea” ispirato a Garcia Lorca, i suoi migliori dischi. Perché poi di quel tipo non ne ha più fatti? "Per una ragione stupida: l’esplosione della disco music. Mi proposero d’incidere brani dance con un nome inglese. Rifiutai e decisi di fermarmi. Poi arrivò l’offerta di condurre ‘Ok il prezzo è giusto’ e mi concentrai sulla tv pensando che l’esperienza sarebbe durata al massimo sei mesi. Durò, invece, dodici anni. Poi sono scesa in politica ed è stata la fine". E pensare che c’è stato un periodo in cui era considerata un’icona della sinistra. "Accadde quando in ‘Caro Theodorakis’ incisi quella ‘Fiume amaro’ che in Emilia veniva suonata ai funerali assieme a ‘Bandiera rossa’. Quando si scoprì che non ero comunista ci fu una delusione generale. In realtà a me della politica fregava poco". E allora perché si fece eleggere al Parlamento Europeo? "Per fare l’esperienza. Berlusconi non voleva. Mi disse che grazie alla tv avevo tutto, la sicurezza, la popolarità, e che me ne sarei pentita. Aveva ragione". Scelse lui e il suo partito. "Berlusconi lo stimavo e lo stimo ancora. Era una persona generosissima e amatissima in azienda. Anche se dopo la discesa in campo iniziarono ad amarlo un po’ meno. Comunque sconsiglio caldamente la politica a tutte le persone di spettacolo. Perché, in un paese come il nostro, la gente non te lo perdona". E al Festival l’importante è partecipare? "Ma va là. Al Festival ci si va per vincere e ci sono riuscita tre volte. Quando gioco a scopone, se perdo mi inca**o, figurarsi a Sanremo. Però non sono stupida e spero che quest’anno sul gradino più alto ci finisca un giovane capace, come hanno fatto i Måneskin, di portare poi la musica italiana nel mondo".