Mercoledì 24 Aprile 2024

Sanremo, Marco Follini: "Politica e spettacolo, ognuno a casa propria"

Ex dc esperto di comunicazione e per molto tempo nel cda Rai: "Gli ambiti restino separati. Però a Sanremo la polemica c’è sempre stata"

Fedez con la foto di Galeazzo Bignami (Ansa)

Fedez con la foto di Galeazzo Bignami (Ansa)

C’è chi chiede la cacciata dei vertici Rai e chi evoca il Miniculpop: il Festival di Sanremo è ormai diventato una kermesse che più "politica" non potrebbe essere?

"Non so quanto sia corretto dare una lettura così politicizzata del Festival di Sanremo – è l’esordio di un giovane democristiano di lungo corso, come potrebbe essere definito Marco Follini, un addetto ai lavori che di Rai e politica mastica fin dall’epoca della Balena bianca. C’è una linea di confine che separa la politica e lo spettacolo: una linea di confine che viene attraversata in continuazione ed è ormai cancellata. Mentre io penso che vada in qualche modo ridisegnata perché questo restituisce alla politica la sua dignità e allo spettacolo la sua libertà".

Insomma, non dobbiamo cercare nel Festival la rappresentazione degli umori, anche politici, del Paese?

"Indubbiamente ci sono umori, sensibilità e argomenti che hanno anche a che vedere con la disputa politica. Però resto dell’dea che meno si dà una lettura così altamente politicizzata del Festival e meglio è".

Eppure, non sono mancati interventi, come quello di Fedez, che di spettacolo avevano ben poco e di politica molto. Al punto che la destra di governo chiede alla Rai di rispondere.

"E’ una tesi, è un argomento. Che, però, mi permetto di contestare alla radice, perché io credo che gli artisti debbano fare spettacolo senza considerarsi politici surrettizi e la politica dovrebbe avere l’avvedutezza di non partecipare con tanta foga al Festival. Dopodiché Beethoven dedicò l’Eroica a Napoleone e poi cambiò idea. Ed era Beethoven, ed era Napoleone. Dunque, se perfino in quel caso venne ripristinato il confine, forse a maggior ragione dovremmo cercare di tenerlo vivo oggi".

Ma la Rai e Sanremo non sono lo specchio del Paese?

"Premesso che io non sono una persona del tutto innocente perché in anni lontani sono stato consigliere di amministrazione della Rai in nome e per conto del mio partito, che era la Dc. Quindi non mi sento di salire in cattedra. Resto convinto che dovremmo un po’ tutti allentare la morsa".

Si ha l'idea che a quei tempi fossero solo canzonette. O non era così?

"Ricordo furibonde polemiche anche allora. Quando il presidente della Rai dell’epoca, Enrico Manca, disse che lo spettacolo di Baudo era nazionalpopolare, Baudo il giorno dopo a Fantastico gli rispose a brutto muso duro: “Vorrà dire che farò spettacoli regionali e impopolari”. E a quel punto la Rai (ero nel consiglio) decretò l’ostracismo per Baudo perché si voleva contestare che il presentatore, sia pure con credenziali di cultura e di finezza rilevanti, avesse esondato dal suo ruolo. Stabilire che i presentatori erano presentatori e non politici sotto mentite spoglie. Dunque, è un percorso che comincia con Napoleone, prosegue con Pippo Baudo e la Dc e arriva a Fedez. Forse, vale la pena di fermarsi in tempo, prima che questa scivolata renda tutti ignari dei propri compiti e dei propri doveri".

Oggi, però, si è andati ben oltre una querelle come quella: siamo ai comizi dal palco dell’Ariston, senza che i vertici Rai ne sappiano niente.

"Le violazioni o le interferenze oggi riguardano tutti. La politica (i politici) si illude di poter trarre un beneficio, un dividendo cospicuo dalla sua partecipazione al banchetto televisivo, tant’è che mentre una volta si esprimeva attraverso le sue tradizionali manifestazioni (i telegiornali, le rubriche politiche, le trasmissioni giornalistiche), piano piano questa influenza si è moltiplicata e irradiata a largo raggio. Oggi non c’è prodotto spettacolare, fiction o festival che non abbia dentro una gran quantità di messaggi politici, e tuttavia questo non ha conferito alla politica un’autorevolezza o un’influenza più forte sull’opinione pubblica. Tutt’altro".

E chi fa spettacolo?

"Dall’altra parte, penso che chi fa spettacolo abbai tutto il diritto di dire la sua senza troppi vincoli di disciplina perché lo spettacolo per sua natura è libero e irriverente. E però le sue manifestazioni non possono diventare una forma di politica surrettizia perché penso che le sorti del Paese siano affidate alla Meloni o al Pd o a chi guiderà i processi politici dei prossimi anni e non a Fedez o a Amadeus che peraltro che in questo campo mi sembra che vanti credenziali importanti".

Il risultato di questa commistione è quello al quale assistiamo?

"Certo. Ma non posso essere io politico a decidere chi va a Sanremo e chi no. Perché è ovvio che un minuto dopo che un artista sta sul palco dell’Ariston si sente il diritto di dire a me politico e alla politica: “Adesso ti spieghiamo noi come si fa”. Penso che in questo campo dobbiamo ripristinare una divisione di compiti perché più facciamo contaminazione e attraversiamo il confine tra politica e spettacolo e più ci ritroviamo in una situazione nella quale la politica perde autorevolezza e lo spettacolo perde indipedenza".

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