Sanremo, Grignani alla (ri)prova del Joker. "Io bello e maledetto, ma perché?"

Gianluca a Sanremo dopo anni di testacoda. "Il brano è su mio padre che mi abbandonò. Ora l’ho perdonato"

Gianluca Grignani, 50 anni, è alla settima partecipazione al Festival di Sanremo

Gianluca Grignani, 50 anni, è alla settima partecipazione al Festival di Sanremo

Roma, 5 febbraio 2023 - Un flusso di coscienza rimasto per dieci anni nel fondo del cassetto, tre titoli diversi e un testo importante da cantare sul palco del Festival di Sanremo cercando di non farsi prendere troppo la mano dall’emozione. Per Gianluca Grignani Quando ti manca il fiato è una canzone più dura da vivere che da interpretare. A cinquant’anni, ventotto dei quali passati con la chitarra in mano a inseguire quegli orizzonti "neanche troppo lontani", l’anima più tormentata del rock italiano si confronta coi vuoti esistenziali che gli ha lasciato l’assenza del padre Paolo, che perdona giurando di aver imparato il mestiere di rialzarsi dai rovesci familiari, dalla dipendenza, dalle notti in questura, dai testacoda di una vita in direzione ostinata e contraria. Anni fa s’è tatuato sul braccio la scritta “Ricordati di volerti bene“, ora prova a mettere in atto il proposito. Ma quanta fatica.

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Grignani, chi andrà in scena all’Ariston? Gianluca o il suo destabilizzante alter ego, quel Joker spuntato su quel palco un anno fa accanto ad Irama?

"Non lo so. Quando il Joker esce fuori sono gli altri ad accorgersene prima di me".

Il brano s’intitolava Ciao papà , poi è diventato Addio papà e infine Quando ti manca il fiato eliminando, quindi, riferimenti familiari. Perché?

"Perché la parola ‘papà’, come quella ‘mamma’, è molto rassicurante, mentre la mia canzone non lo è. Metto a nudo sentimenti più profondi e complessi della leggerezza che ti dà la serenità. Ramazzotti in un suo pezzo ha usato il titolo Ciao pa’ , ma lui ha un carattere che è l’opposto del mio".

Quando ti manca il fiato nasce dalla telefonata durante la quale suo padre, che vive in Ungheria e lei non vede da anni, le chiese: «Ma tu ci verrai al mio funerale?»

"Scrissi la canzone di getto poco dopo aver chiuso la comunicazione, per poi metterla da parte; troppo personale e dolorosa. Successivamente l’ho trasformata in una ballata blues né felice né triste e, siccome sul palco temevo di subire troppo la pressione del testo, ho provato ad accompagnarlo con un refrain che ne allenta un po’ la tensione. Raccontando una presa di coscienza, è diventata per me una specie di mantra".

Mai sentito l’istinto di prendere l’aereo per l’Ungheria?

"No, ma lo farò. Anche se nel pezzo parlo di mio padre, mi sembra di capire che le cose di cui parlo capitino a molti".

Lei è padre separato di quattro figli, ma attualmente vive solo con Ginevra, la primogenita. Mai temuto di ritrovarsi protagonista, magari fra vent’anni, di una canzone come la sua?

"Faccio di tutto perché questo non accada, ma non è detto che ci riesca. Mio padre l’ho perdonato solo da adulto. Non c’è una morale nella vita, purtroppo".

Settima volta in gara in 28 anni. È cambiato il Festival, ma è cambiato pure lei.

"Alcune volte a mandarmi è stata la casa discografica, come quando ho presentato Cammina nel sole e Lacrime dalla luna , altre che ho voluto andarci io, vedi i casi di Sogni infranti e Destinazione paradiso . Stavolta ho voluto fortemente tornare perché mai come in questo momento Sanremo è al centro della musica e quindi bisogna esserci".

Se Sanremo è lo specchio del paese, che Italia affiora dalle complicazioni sentimentali, dai conflitti esistenziali, dalle depressioni post-partum, dagli smarrimenti e dai suicidi, raccontati dalle canzoni di questa edizione?

"Un’Italia malata di sensazionalismo. Ci sono canzoni che parlano di disagi reali e altre scritte per fare scalpore. Ma a decidere quali premiare e quali no, ci penserà il pubblico".

Perché per la serata delle collaborazioni ha scelto di autocitarsi con la complicità di Arisa eseguendo assieme Destinazione paradiso ?

"Mi piace molto il modo in cui Arisa reagisce alle sollecitazioni dei tempi. Mi sembra un rarissimo esempio di interprete-artista. Una specie di Bowie al femminile".

Potendo avere chiunque, chi avrebbe chiamato?

"Bob Dylan, per cantarci Knockin on heaven’s door (che con Destinazione paradiso ci sta bene), anche se al momento il pezzo del suo repertorio che non riesco a togliermi dalla cuffia è Not dark yet ".

Persona e personaggio rimangono distanti?

"Tutto è cominciato quando, per non sentirmi un idolo adolescenziale, ho fatto a pezzi l’immagine del bel ragazzo un po’ vacuo che l’industria m’aveva incollato addosso. Purtroppo, ho esagerato. Pagandone le conseguenze".

Grignani bello e maledetto. Ma da chi?

"Sinceramente non saprei. Me lo sono chiesto tante volte senza trovare risposta. Vuoi vedere che, alla fine, non sono così maledetto?"