Vasco Rossi compie oggi. 70 anni

Leo  Turrini Che il signor Rossi della canzone italiana abbia tagliato il traguardo dei 70 è una buona notizia per tutti. Se ce l’ha fatta il Blasco, con il suo carico di vita spericolata, beh, nessuno deve aver paura del tempo che passa! Eh, già: noi siamo ancora qua e quella sopra vorrebbe essere una battuta. Nel senso che nei confronti di Vasco abbiamo, come comunità, un debito di gratitudine. A pensarci bene, lui è stato il Poeta in musica e versi di un’Italia che si credeva sazia ma era già vagamente disperata. Sin da quando si dimenava in dimenticate balere di provincia (e io c’ero, una volta nel 1979 assistetti ad un suo concerto a Sassuolo con spettatori paganti due, mica i 200 mila di Modena Park), Vasco era uno che aveva capito. Le sue angosce e le sue ossessioni erano le nostre. Ce le ha sempre spiattellate in faccia senza fare sconti. Men che meno a se stesso. Del resto, cosa potremmo pretendere da un Poeta popolare, se non la cruda sincerità? Siamo sempre alla ricerca di un senso, canta lui, sospettando che un senso questa vita non ce l’ha, fra albe chiare, buoni e cattivi, bollicine. E se c’è chi dice no, almeno talvolta, in fondo lo dobbiamo a lui, al fondatore di Punto Radio, là sulla collina di Zocca. Eh, Vasco. Credo di avergli parlato tre volte in vita mia e mai sono stato sfiorato dall’idea che nel suo mito potesse esserci qualcosa di finto, di posticcio, di truccato. Certo appartiene, anche lui, allo star System, come scrivono quelli bravi. Ma più gli anni scorrevano e più conservavi la convinzione che Sally, Jenny e Silvia sono esistite davvero e sono state presenti nelle vite di ognuno di noi. Auguri, Vasco. Gli spari sopra, per una volta, sono le 70 fiamme delle candeline sulla torta del compleanno.

Sanremo

I 70 anni di Vasco Rossi 



Leo 
Turrini
Che il signor Rossi della canzone italiana abbia tagliato il traguardo dei 70 è una buona notizia per tutti. Se ce l’ha fatta il Blasco, con il suo carico di vita spericolata, beh, nessuno deve aver paura del tempo che passa! Eh, già: noi siamo ancora qua e quella sopra vorrebbe essere una battuta. Nel senso che nei confronti di Vasco abbiamo, come comunità, un debito di gratitudine. A pensarci bene, lui è stato il Poeta in musica e versi di un’Italia che si credeva sazia ma era già vagamente disperata. Sin da quando si dimenava in dimenticate balere di provincia (e io c’ero, una volta nel 1979 assistetti ad un suo concerto a Sassuolo con spettatori paganti due, mica i 200 mila di Modena Park), Vasco era uno che aveva capito. Le sue angosce e le sue ossessioni erano le nostre. Ce le ha sempre spiattellate in faccia senza fare sconti. Men che meno a se stesso. Del resto, cosa potremmo pretendere da un Poeta popolare, se non la cruda sincerità? Siamo sempre alla ricerca di un senso, canta lui, sospettando che un senso questa vita non ce l’ha, fra albe chiare, buoni e cattivi, bollicine. E se c’è chi dice no, almeno talvolta, in fondo lo dobbiamo a lui, al fondatore di Punto Radio, là sulla collina di Zocca. Eh, Vasco. Credo di avergli parlato tre volte in vita mia e mai sono stato sfiorato dall’idea che nel suo mito potesse esserci qualcosa di finto, di posticcio, di truccato. Certo appartiene, anche lui, allo star System, come scrivono quelli bravi. Ma più gli anni scorrevano e più conservavi la convinzione che Sally, Jenny e Silvia sono esistite davvero e sono state presenti nelle vite di ognuno di noi. Auguri, Vasco. Gli spari sopra, per una volta, sono le 70 fiamme delle candeline sulla torta del compleanno.

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