Sanremo 2020, Benigni canta la nostra grande bellezza

Sanremo, 8 febbraio 2020 - Roberto Benigni è andato oltre all’operazione nostalgia di Amadeus. Da fuoriclasse ha voluto esagerare: e mentre la nonna metteva a nanna il nipotino ascoltando la Vanoni, ha cantato il Cantico dei Cantici. La canzone – come l’ha chiamata lui – più bella del mondo. Ma il miracolo non è solo il coraggio di aver portato all’Ariston un testo biblico di 2400 anni fa. Il miracolo è che quasi 15 milioni di telespettatori l’hanno seguito. Stavolta le battute non c’entrano, visto che a parte un citofono dal sen fuggito, non ce n’è stata traccia. Dietro c’è un guitto con un talento tale che ha conquistato un premio Oscar. Ma dire che è tutto merito della ‘Vita è bella’ sarebbe riduttivo. Il merito di Benigni è che celebra l’Italia. E la sua bellezza. Che sia la Bibbia, l’Inno di Mameli, la nostra Costituzione o la Divina Commedia. Benigni ci crede. Crede nell’amore, si stupisce e ci fa stupire quando legge il Cantico dei Cantici, quando scandisce che "il tuo amore mi morde più del vino", "perché delizia amarti" e ci dice che "ho voglia di ranicchiarmi nella tua ombra". Benigni crede davvero nella grandezza della nostra storia. Noi ci crediamo? Forse non abbastanza. Ma quando c’è un arcitaliano che ci fa stupire di nuovo, che ci spiega con grazia chi siamo, da dove veniamo e che cosa potremmo diventare, anche noi restiamo incollati al televisore. Benigni fa tutto questo senza pontificare, senza dare giudizi, senza dover per forza dividere. Per questo funziona. Perché ama l’Italia come forse l’amiamo anche noi senza accorgercene. Se il teatro Ariston non si è scaldato come qualche anno fa e c’è già qualcuno che s’indigna dicendo che il monologo non era inedito, non importa. Benigni l’arcitaliano è riuscito, per dirla con Proust, a farci capire che "il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi".