Sanremo 2022: la prima gaffe è d’autore. Canzone finita sul web, Morandi graziato

Posta un video con il brano in gara e rischia l’esclusione. La Rai: problema tecnico causato dal tutore che ha alla mano

Gianni Morandi (77 anni) porta un tutore per l’ustione alla mano

Gianni Morandi (77 anni) porta un tutore per l’ustione alla mano

È stata la mano di Dio, o meglio il tutore della mano di Gianni. Ieri Morandi ha rischiato di essere escluso dal Festival di Sanremo, al via il primo febbraio: nella serata di lunedì era apparso sul suo profilo Facebook un video con frammenti della canzone scritta da Jovanotti, titolo Apri tutte le porte, con cui il nostro torna in gara all’Ariston. Il regolamento parla chiaro: ogni canzone in concorso deve essere nuova, ovvero "non già fruita, anche se a scopo gratuito, da un pubblico presente o lontano, o eseguita o interpretata in tutto o in parte dal vivo o in versione registrata alla presenza di pubblico presente o lontano".

Pubblicato sul sito del Festival con sinora solo tre modifiche apportate nelle date 1, 14 e 29 dicembre 2021, il regolamento però non prevedeva fino a ieri due variabili: variabile “tutore alla mano ustionata“ e variabile “anziano alle prese coi social“. Ed è così che Morandi si è salvato: "Si è trattato di un puro inconveniente tecnico – ha deliberato la Rai – dovuto alla necessità di Morandi di portare un tutore alla mano destra che ha subito diversi interventi a seguito dell’incidente di alcuni mesi fa", ovvero marzo 2021, quando il cantante si bruciò non solo le manone ma anche gambe, schiena e orecchio. "Questa volta l’ho fatta grossa. Ho sbagliato a postare inavvertitamente su Facebook quel video. Mi ostino a fare da solo ma sono proprio un imbranato! Forse da oggi è meglio che dei social se ne occupi mia moglie Anna", ha poi commentato sempre via social lui, 77 anni, senza tema di far la parte del tipico caro nonno un po’ dilettante digitale, quello che naviga su Internet tenacemente, ma a sua insaputa.

Alla fine tutto è bene quel che ci lascia Morandi in gara. D’altronde è giusto che il Festival di Sanremo sia definitivamente preso per quello che è diventato: un’oasi di post-realtà, affollata da dinamiche non più vere ma solo verosimili e da brillanti e felici fantasmi tv in cui ci si specchia non più per evadere, ma per restare confortevolmente aggrappati alla vita che sfugge (direbbe Siti), o alla vita che si fa giorno dopo giorno (lo dice il Covid) più amara. Più povera di speranze.

Certo , anche ieri non è mancato chi si è indignato per l’eccessiva elasticità con cui il direttore artistico Amadeus – a proposito: pare che all’Ariston riavrà Fiorello al suo fianco – continua a maneggiare il regolamento. Ma questo significa ostinarsi, ormai fuori tempo, a considerare il Festival una cosa seria. Mentre l’unica legge che sopravvive è che non c’è Sanremo senza polemiche. C’è chi ricorda ancora il 27 febbraio 2008, il giorno in cui sulla Riviera dei fiori si consumò il dramma dell’esclusione di Loredana Bertè dalla gara. Al timone c’era Pippo Baudo, uno che il Festival sì, lo prendeva sul serio: ma era evidentemente un uomo di un’altra epoca. Firmata in entrambi i casi da Alberto Radius e Oscar Avogadro la canzone Musica e parole portata da Loredana era identica a quella già editata, con un altro titolo, anni prima, da Ornella Vanoni. Lori era arrivata all’Ariston agguerritissima, per lei si trattava dell’ennesima occasione di rinascita, l’ennesima occasione che puntualmente si andava a far maledire: le ore che seguirono all’annuncio della squalifica vennero riempite solo dalla disperazione di Loredana, voci che si rincorrevano impazzite dal suo albergo alla sala stampa, e che alimentavano il timore che la leonessa quel giorno si sarebbe arresa, si sarebbe davvero fatta del male. Oggi Lori è di nuovo negli show di prima serata e nelle classifiche dei tormentoni, quindi Sanremo 2008 addio.

Ma soprattutto addio Sanremo 2010, con l’espulsione di Morgan per la sciagurata intervista in cui paragonava la cocaina a un antipressivo come un altro: sembrava che l’uomo (l’uomo, non il cantautore) fosse irrimediabilmente consegnato all’apocalisse mentre ora è lì che, polemizzando e piangendo, balla con le stelle sulla pista del sabato sera di Raiuno, oltretutto ultraconvinto di "fare arte". E se ne è convinto lui, perché non dargli retta? Nell’oasi della post-realtà è così: Tenco per Sanremo si ammazzò. Oggi le lacrime all’Ariston sono, tutto sommato, lustrini che brillano i pochi minuti di una storia su Instagram.