San Francesco ed Eduardo, ci piace il presepe

Allestita in piazza san Pietro la rappresentazione sacra inventata dal poverello di Assisi (1223 a Greccio): è il cristianesimo che si fa racconto

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di Davide

Rondoni

IIl presepe è un racconto, perché il cristianesimo è un avvenimento. E per conoscerlo va raccontato, e riaccade. E nel presepio, in questo racconto di Dio che si fa minimo, ci possono stare tutti, pastori e Re, uomini e donne e bestie. Così Francesco d’Assisi lo pensò e lo inventò, nel 1223 a Greccio, dove fece portare solo un bue e un asino, simboli delle sapienze greca e ebraica e un poco di paglia, simbolo eucaristico, segno del bambino nascente per farsi pane, nutrimento alla speranza delle persone.

L’invenzione teatrale e teologica di Francesco, il giullare di Dio, è continuata nei secoli. Presepi vengono “inventati” ovunque, con fantasia e ricchezza simbolica. Accade anche per quello inaugurato ieri in Piazza san Pietro, offerto dagli artisti del Friuli Venezia Giulia, dal paesino incantevole di Sutrio, nelle alpi Carniche. La culla di Gesù è ricavata da un albero sradicato dalla tempesta Vaia, di qualche anno fa, a richiamare un passo di Isaia che parla del Dio che viene come germoglio che rinasce.

Per tutto il periodo di esposizione del presepe sarà diffusa una colonna sonora con brani natalizi e tradizionali, alcuni dei quali realizzati dal Coro di Ruda e da altri artisti del Friuli Venezia Giulia. In occasione della cerimonia inaugurale, alcuni doni sono stati consegnati a papa Francesco dalla delegazione di Sutrio: un paio di scarpez, calzatura tipica tradizionale della Carnia e del Friuli fatte a mano; una coperta di lana bianca lavorata a ferri e ricamata con la scritta “ Mandi”, il saluto tradizionale friulano che deriva dal latino “Mane Deus” ovvero rimani nelle mani di Dio; un Cristo in legno intagliato dall’artista Moro Isaia, fra gli undici artisti che hanno realizzato il Presepe di Sutrio; una tovaglia da altare ricamata a mano dalle donne dell’associazione “Sutrio ricama”; una sciarpa di lana bianca, realizzata dai ragazzi della Cooperativa Davide; una raccolta fotografica “I ragazzi del 99”, della fotografa Ulderica Da Pozzo, riflessione sulla montagna, sulla resistenza delle tradizioni e sul ruolo che i giovani avranno negli anni a venire.

L’intuizione di Francesco, di ricordare il Natale con un segno teatrale e narrativo, si innesta sulla caratteristica speciale della fede cristiana, diversa da tutte le religioni che cercano di raggiungere Dio con alti sforzi filosofici e morali.

Il Dio dei cristiani invece "ride come un bimbo" come scrisse Ungaretti e si propone come presenza umana tra gli umani, senza potere, consegnato al riconoscimento dei semplici di cuore, pastori o re magi che siano. Da allora il teatro di Francesco – che il prossimo anno compie 800 anni, direi la rappresentazione di maggior “successo” al mondo– ritorna in tutte le culture e civiltà toccate dall’annuncio cristiano.

Ho visto presepi di ogni genere, nelle favelas del mondo o nei cortili più sperduti, nei palazzi e nei tuguri. Nella nostra Napoli la creatività di un popolo ha trovato nel presepe e nella sua devozione il modo per raccontarsi e per offrirsi. Non a caso, la famosa opera di Eduardo De Filippo, Natale in casa Cupiello con la sua agrodolce rappresentazione del cambio d’epoca che investe una famiglia borghese, pone al centro della narrazione il presepe e il riconoscimento del suo senso.

Le civiltà si fondano su grandi racconti e Francesco intuì che uno dei modi migliori di raccontare l’evento cristiano era di darne una rappresentazione semplice ma efficace e teologicamente fondata. Di fronte a un racconto, infatti, sorge la domanda che attraversa con il Natale tutta la storia: è vero o non è vero? È la domanda che ogni uomo non può seriamente evitare dinanzi a Gesù.

Che in piazza san Pietro, luogo simbolo della intera storia cristiana, venga posto il presepe è un gesto che ricorda, in modo sempre “rivoluzionario”, che l’inizio di tutto è in quel parto di ragazza. Il senso di una storia così ricca di bellezza e santità attraverso le inevitabili ombre e debolezze umane, è in quel Dio che "ride come un bimbo".

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