Romy e Alain, un amore che unì l’Europa

Lei tedesca, lui francese: la passione fra la Schneider e Delon nei tempestosi anni ’50 favorì la riconciliazione fra i due Paesi

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di Roberto Giardina

Romy e Alain si amarono, lei tedesca nata a Vienna, lui francese, negli Anni Cinquanta, quando l’Europa era ancora divisa dai ricordi della guerra. Uniti nella bellezza, “vereint in Schönheit“, scrive Thilo Wydra, nella doppia biografia Eine Liebe in Paris- Romy & Alain (Heyne Verlag; 22 euro), un amore a Parigi, ma fu un amore europeo, al di là dei confini e dei reciproci pregiudizi. "Je pense à Romy", disse Delon quando l’anno scorso a Cannes ha ricevuto il premio alla carriera, penso a lei, e non trattenne le lacrime. Ha compiuto 85 anni l’8 novembre, un uomo ancora di gran fascino, vive ritirato dopo un ictus. Lei è morta nel 1982, a 43 anni, forse fu un suicidio.

Una storia d’amore senza lieto fine, come quella di Christine, il loro primo film, che li fece conoscere, nel 1958. Era tratto da un dramma di Arthur Schnitzler del 1895, Liebelei, come dire un amoretto, la parola con cui si cerca di tradurre in tedesco flirt, ma non è la stessa cosa. La ventenne Romy ha avuto uno straordinario successo con la trilogia su Sissi, cioè Elisabeth l’imperatrice di Austria e Ungheria. Si gira in Francia, e parla ancora con forte accento il francese, la troupe la prende in giro, lei reagisce con rabbia.

Gli sceneggiatori rispettarono abbastanza la storia originale: Fritz inizia un rapporto con Christine, figlia di un musicista, per distrarsi dalla relazione pericolosa con una donna sposata, il marito lo sfida a duello e lo uccide. Christine si toglie la vita nel film, a teatro corre via disperata dal palcoscenico. Schnitzler non chiarisce.

Una storia come un presentimento per Romy e Alain. Diventano una coppia fissa, le loro foto riempiono i rotocalchi.

I rapporti tra francesi e tedeschi sono tesi. Charles De Gaulle e Adenauer si incontrano e tentano di superare il passato, un’Europa unita potrà nascere solo da un nuovo rapporto tra i nemici di ieri, anche con l’Italia di De Gasperi (e i tre grandi vecchi parlano tedesco). Il generale è prudente, sa che non deve forzare i sentimenti dei suoi francesi. Il passaggio del Reno di André Cayatte è del 1960, e De Gaulle interverrà pesantemente sulla giuria del Festival di Venezia perché il film non venga premiato. Ma Cayatte avrà il Leone d’Oro.

La passione tra Romy e Alain favorisce la riconciliazione tra francesi e tedeschi. La Liebelei o l’amour fou finirà per colpa dell’italiano Luchino Visconti, così pretendono i pettegoli. Nel 1963, si gira Il Gattopardo. Delon è stato il protagonista accanto a Renato Salvatori in Rocco e i suoi fratelli, che si dové accontentare del Leone d’Argento battuto dal film di Cayatte, e viene scelto dal regista per la parte di Tancredi, il bel nipote del principe di Lampedusa, al fianco di Claudia Cardinale.

Visconti, si dice, è geloso di Delon, e fa di tutto perché lasci la sua "pupattola tedesca". Alain e Romy si separano, per ritrovarsi nel ’69 sul set de La piscina di Jacques Deray. Ma non ci sarà un replay. Romy non ha più bisogno di venir doppiata, è ormai quasi una diva francese, e Jane Birkin, la giovane rivale sullo schermo, la ricorda con affetto: "Ero alle prime armi, Deray mi trattava male, scoppiai a piangere, Romy lo obbligò a chiedermi scusa".

Romy lascia Parigi, torna in Germania, i giornali francesi la trattano male, troppi amori, alcol e droghe, una donnaccia tedesca. I giornalisti di Amburgo e Francoforte contraccambiano: Delon è un amico di gangster, la sua guardia del corpo, lo jugoslavo Stefan Markovich, probabile amante della moglie Nathalie, viene trovato assassinato. Alain è il mandante? I rotocalchi non hanno bisogno di prove. Visconti chiama Romy per Ludwig II (1973), quasi una riparazione, e lei sarà ancora Sissi.

Quegli anni sono rievocati in Drei Tage in Quiberon, del 2018, credo mai giunto in Italia, forse perché in bianco e nero, bello e nostalgico, un film sui film. Nel 1981, per tre giorni rinchiusa in una camera di una clinica termale in Bretagna, l’attrice concede un’intervista a un giornalista e a un fotografo della rivista Stern. Una storia vera, ricordo d’aver letto allora quel lungo articolo. Una storia che riguarda anche il mestiere di giornalista: finché è lecito approfittare della debolezza di chi si intervista?

Ma chi parla sa chi ha di fronte, e Romy (impersonata da una straordinaria Marie Baümer) parlò di sé, delle sue debolezze e dei suoi amori. Il fotografo Robert Lebeck (scomparso nel 2014), suo amico, la mise in guardia. Il giornalista Michael Jürgs è leale, le consegna il testo: taglia quel che vuoi. Lei disse: questa sono io, lascia tutto. Tranne un suo giudizio, cattivo e vero, sulla madre Magda. L’anno dopo, la mattina del 29 maggio, Romy verrà trovata senza vita alla sua scrivania, nella casa di Parigi. Suicidio? Il suo ultimo compagno, il produttore Laurent Petin, lo escluse: "Son coeur s’est brisé", le si è spezzato il cuore.

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