Roma anni ’80, la Dolce Vita era in discoteca

Le notti felici e trasgressive nei locali di culto della Capitale: dal Jackie’O al Gilda. In pista popstar e ministri, mentre nascevano i dj

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di Silvia Gigli

Mentre in Italia sfumavano gli ultimi tragici fotogrammi degli Anni di piombo, Roma si preparava a vivere una stagione di musica e spensieratezza, danza e trasgressione. Una seconda “Dolce vita“. Quasi come una risposta grottesca e senza freni all’orrore vissuto per oltre dieci anni, nascono in cantine e fondi locali notturni dai nomi ormai leggendari: Histeria, Mais, Much More, Jackie’O, Gilda.

Riprende fiato la notte romana che aveva visto i suoi primi vagiti negli anni ‘60 con l’apertura del Piper Club di via Tagliamento. Timidamente, visti i tempi, negli anni ‘70 aprono discoteche mai dimenticate come il Jackie’O, il Mais e il Much More e club gay, come l’Alibi e l’Easy Going, mentre gli anni ‘80 sono quelli dell’Histeria e del Gilda, ma anche di molti altri club, come l’Open Gate e le Stelle.

Luoghi affascinanti e trasgressivi dove la privacy è parola d’ordine, il ministro si lancia in danze sfrenate con la starlette di turno e grandissimi del jet set internazionale trovano una casa accogliente e divertente dove passare la notte. È il documentario Roma Caput Disco, firmato da Corrado Rizza e andato in onda in prima visione il 18 gennaio scorso su Rai5 (ora è su RaiPlay), a regalarci attimi di dolceamaro amarcord. Il documentario prende spunto dal libro I Love The Nightlife dei due dj romani Corrado Rizza e Marco Trani. Dopo la prematura scomparsa di Trani, nel 2013, Rizza ha lasciato il lavoro nel cassetto per molto tempo, oltre dieci anni.

Il docufilm, che ha la voce narrante di Pino Inegno, ci accompagna attraverso la nascita delle discoteche a Roma e l’evoluzione del disc jockey, che oggi in molti casi è una vera e propria popstar, vedi il caso di David Guetta. Si scopre così che molti artisti italiani hanno iniziato la loro carriera proprio mixando dischi nei locali. Da Roberto D’Agostino a Jovanotti (15enne protagonista delle notti romane) e Fiorello che da Roma, dove in verità non si guadagnava granché, spicca il volo a Milano grazie a Claudio Cecchetto e a Radio Deejay e DeeJay Television. E non si sottrae a quei giochi neanche Renzo Arbore.

Interviste esclusive, filmati vintage, spezzoni di film e foto rarissime, ci regalano una Roma glamour, capace di reggere il confronto con città come New York, Parigi e Londra. "Cercavamo il colore, il divertimento – racconta Lorenzo Cherubini –. Avevamo vissuto anni terribili". E Raf spiega come in Cosa resterà degli anni ’80 si faceva riferimento a un decennio che, nel bene e nel male, aveva cambiato il mondo anche se lì per lì "non ce n’eravamo accorti".

Mentre Roma diventava il luogo per eccellenza dove divertirsi con serenità senza il timore di essere paparazzati, il presidente della Repubblica era Sandro Pertini e presidente del consiglio Bettino Craxi, la Borsa volava e l’oscuro recente passato sembrava ormai sepolto. Al Gilda si potevano incontrare James Brown, gli Spandau Ballet e i Duran Duran. Negli altri locali si alternavano il ministro degli esteri socialista Gianni De Michelis, Rod Stewart e David Bowie, i Frankie Goes To Hollywood e Kid Creole, Jack Nicholson praticamente in incognito (fu bloccato all’entrata dell’Histeria perché non venne riconosciuto), un coloratissimo Boy George, Ivan Cattaneo, le socialite Marina Lante Della Rovere (non ancora Ripa di Meana) e Marta Marzotto.

I dj – a partire dallo scomparso Claudio Coccoluto – non dormivano mai. Frequenti i viaggi a New York per comprare tutte le novità su piazza. Ma anche qualche italiano sfondava le frontiere della musica: il fiorentino Francesco Puccioni, alias Mike Francis che nel 1983 esplode con Survivor e negli anni successivi collabora con Amii Stewart. Scomparso giovanissimo nel 2009, Mike Francis è un esempio limpido di come un autodidatta con idee e spregiudicatezza potesse allora conquistare il successo. Meccanismi tutto sommato semplici che oggi – in tempi di social e contatti solo “virtuali“ – assumono il fascino di avventure dalla portata epica. Allora si poteva arrivare al dj più quotato, portargli un’audiocassetta e sperare nel famoso colpo di fortuna. Ma intanto si affacciavano gli anni Novanta e la festa stava ormai per finire.