STEFANO MARCHETTI
Magazine

Rivoluzione Raffa? A far l’opera lirica comincia tu

Tra Don Giovanni e Canzonissima: ieri al debutto al teatro Donizetti di Bergamo l’omaggio “classico“ all’icona pop firmato da Francesco Micheli

Rivoluzione Raffa? A far l’opera lirica comincia tu
Rivoluzione Raffa? A far l’opera lirica comincia tu

"Com’è bello far l’amore da Trieste in giù...". Chissà se Lorenzo Da Ponte avrebbe mai potuto scrivere un verso così scanzonato per l’impenitente Don Giovanni, col suo catalogo di rapinose conquiste. Di sicuro, nel gran finale di Raffa in the Sky (l’opera lirica dedicata a Raffaella Carrà che ha debuttato ieri sera al teatro Donizetti di Bergamo), l’iconico testo di Tanti auguri si trasforma in un ricco concertato in chiave Mozart, in un profluvio di voci e di armonie. Era proprio questa la scommessa dello spettacolo ideato e firmato da Francesco Micheli, con il libretto di Alberto Mattioli e Renata Ciaravino e la partitura di Lamberto Curtoni diretta da Carlo Boccadoro: fare incontrare un repertorio pop con gli stilemi classici e raccontare la mitica Raffa come un’eroina coraggiosa che cinquant’anni fa ha realizzato una rivoluzione con l’ombelico, ovvero è stata capace di sovvertire gli schemi sociali e di spettinare "un’Italia stremata con la testa impomatata", portando un nuovo vento di libertà, "Siate felici come non mai Io sono Raffa in the Sky".

Fiesta doveva essere, e fiesta è stata. E la prima dell’opera (in diretta Rai) è divenuta una Raffa celebration. Ieri sera a Bergamo si sono dati appuntamento vari protagonisti del “mondo Carrà“, fra cui Barbara Boncompagni, figlia di Gianni e “figlioccia“ amatissima di Raffa, mentre Sergio Japino, a lungo compagno di vita e di lavoro della vedette, ha seguito l’evento dalle Filippine mandando il suo saluto. In sala anche il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi e lo stilista Alessandro Enriquez, tutti accolti dal “padrone di casa“, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, già direttore di Canale 5 e Italia 1, con la moglie Cristina Parodi. E per la recita di domani pomeriggio è annunciato l’arrivo di Cecilia Bartoli, regina del belcanto, con Cristiano Malgioglio, icona queer. Ieri intanto c’è stata la corsa a prenotarsi per indossare una delle parrucche bionde messe a disposizione nel ridotto del teatro, dove sono esposti anche due abiti che la Carrà indossò a Canzonissima.

Colorata e frizzante, con le scenografie stile cartonato, i costumi sfavillanti e le coreografie, l’opera immagina Raffaella Carrà (interpretata da Chiara Dello Iacovo) come uno spirito eletto che nel 1943, in piena guerra, viene inviato sulla Terra dal pianeta Arkadia per portare pace e fantasia. Negli anni ‘70 la sua verve, la sua carica e la sua spiritosa sensualità si intrecceranno con la storia di una famiglia italiana, Carmela e Vito (il soprano Carmela Remigio e il baritono Haris Andrianos), con il figlio Luca (il mezzosoprano Gaia Petrone) che proprio in Raffa troverà la forza per il suo coming out. La drammaturgia e le musiche originali si intrecciano con i successi della Carrà in forme totalmente nuove: un coro di voci bianche intona Maga maghella e Rumore, e la canzone stracult A far l’amore comincia tu (che ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino “girava“ nella versione di Bob Sinclar) qui diventa quasi un contrappunto barocco. In un simpatico gioco di richiami, nella sinfonia iniziale sembra di risentire le marcette di qualche cara sigla tv e nella partitura occhieggiano pure Donizetti e Ciajkovskij. E fra i personaggi spunta un impresario in doppiopetto che a Raffa promette mari e monti (televisivi): difficile non vedervi un riflesso di Berlusconi.

Certo, l’effetto può essere straniante, soprattutto per chi è affezionato a Traviata o Bohème e al melodramma più tradizionale. Tutavia il pubblico della prima ha accolto lo spettacolo con dieci minuti di applausi, a cui gli artisti hanno risposto con un bis a sorpresa sulle note di Ballo ballo. In fondo anche quest’opera racconta una storia di passioni, di desideri, di conquiste. Raffaella potrebbe chiamarsi Lucia, Violetta, o magari Tosca. Resterà sempre la donna forte che ha scritto un pezzo della storia di tutti e ci ha cambiato: "Non c’è colpa, non c’è peccato – recita l’opera – per chi ha davvero amato".

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