di Benedetta Cucci La madre Magda, che recitò il ruolo di genitrice anche nella famosa trilogia sulla vita dell’Imperatrice d’Austria Elisabetta di Baviera – dove impersonava la duchessa Ludovica di Baviera –, avrebbe voluto che la figlia fosse rimasta per sempre Sissi, tra finzione e realtà. Che non avesse mai abbandonato l’identità fragile di giovane donna della cui vita poteva liberamente decidere: l’importo fissato nei contratti, il colore dei vestiti da indossare davanti alle telecamere per le interviste, la scelta dei partner da baciare, tutto passava per Frau Magda. Però Romy Schneider, alla fine, dopo La Principessa Sissi che girò nel ’55 quando aveva solo 17 anni, poi Sissi la giovane imperatrice del 1956 e Sissi il destino di un’imperatrice del 1957, tutti diretti da Ernst Marischka, e altri film di carattere romantico con lieto fine, ce la fece a emanciparsi e a svoltare verso il grande cinema. Quel momento così importante in cui cambia pelle è impresso sulla locandina del festival “Il Cinema Ritrovato“ – che proprio oggi ha inizio a Bologna – e la presenta in una scena de Il lavoro, episodio di Boccaccio ’70 diretto da Luchino Visconti, il film del ’62 che la consacra diva internazionale. Che vita breve, e drammatica: mai superata la fine della storia d’amore con Alain Delon nel ’64, vide fallire due matrimoni e morire il primo marito (impiccatosi nel ’79) e il figlio quattordicenne David, rimasto ucciso nell’81, infilzato dalle punte acuminate del cancello che tentava di scavalcare a casa dei nonni. Romy, distrutta dall’alcol, dall’asportazione di un rene a causa di un tumore e, soprattutto, dalle tragedie che l’avevano colpita, morì a soli 43 anni, nel 1982. Una vita breve ma talmente complessa che il festival diretto da Gian Luca Farinelli, manifestazione devota alla visione di pellicole che hanno fatto la storia ...
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