Giovedì 18 Aprile 2024

Ritrovare Romy Schneider: oltre Sissi c’è di più

Il festival cinematografico di Bologna omaggia la vita tragica dell’attrice. Partendo da Visconti che liberò la femminilità dell’eterna principessa

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di Benedetta Cucci

La madre Magda, che recitò il ruolo di genitrice anche nella famosa trilogia sulla vita dell’Imperatrice d’Austria Elisabetta di Baviera – dove impersonava la duchessa Ludovica di Baviera –, avrebbe voluto che la figlia fosse rimasta per sempre Sissi, tra finzione e realtà. Che non avesse mai abbandonato l’identità fragile di giovane donna della cui vita poteva liberamente decidere: l’importo fissato nei contratti, il colore dei vestiti da indossare davanti alle telecamere per le interviste, la scelta dei partner da baciare, tutto passava per Frau Magda. Però Romy Schneider, alla fine, dopo La Principessa Sissi che girò nel ’55 quando aveva solo 17 anni, poi Sissi la giovane imperatrice del 1956 e Sissi il destino di un’imperatrice del 1957, tutti diretti da Ernst Marischka, e altri film di carattere romantico con lieto fine, ce la fece a emanciparsi e a svoltare verso il grande cinema.

Quel momento così importante in cui cambia pelle è impresso sulla locandina del festival “Il Cinema Ritrovato“ – che proprio oggi ha inizio a Bologna – e la presenta in una scena de Il lavoro, episodio di Boccaccio ’70 diretto da Luchino Visconti, il film del ’62 che la consacra diva internazionale. Che vita breve, e drammatica: mai superata la fine della storia d’amore con Alain Delon nel ’64, vide fallire due matrimoni e morire il primo marito (impiccatosi nel ’79) e il figlio quattordicenne David, rimasto ucciso nell’81, infilzato dalle punte acuminate del cancello che tentava di scavalcare a casa dei nonni. Romy, distrutta dall’alcol, dall’asportazione di un rene a causa di un tumore e, soprattutto, dalle tragedie che l’avevano colpita, morì a soli 43 anni, nel 1982. Una vita breve ma talmente complessa che il festival diretto da Gian Luca Farinelli, manifestazione devota alla visione di pellicole che hanno fatto la storia del cinema riportate allo splendore col restauro, le ha voluto dedicare una retrospettiva curata da chi l’attrice tedesca l’ha conosciuta bene, ovvero Volker Schlöndorff, Oscar per il miglior film straniero nel 1980 con Il tamburo di latta.

"Schlöndorff ha condiviso con la Schneider una parte della vita – racconta Farinelli – perché anche lui è stato un tedesco che ha cercato la sua identità fuori dalla Germania e l’ha trovata in Francia esattamente come l’austriaca Romy Schneider, così Volker ha scelto per la retrospettiva il titolo “Vita e romanzo“ perché la sua vita è un romanzo". E prosegue: "Romy Schneider diventa già da bambina la prima grande diva del dopoguerra, però con un fardello pesantissimo, perché sua madre era stata una delle grandi dive del cinema nazista e grande amica di Hitler, tanto che nel documentario che si vedrà al festival, Conversation avec Romy Schneider di Patrick Jeudy, dice di aver anche temuto di essere figlia di Hitler".

La sua fuga e la sua liberazione dalla madre avviene grazie alle parti che ha in Francia e con Visconti e il regista tedesco ha ritenuto perfetta l’immagine da Boccaccio ’70 per il manifesto "perché è il film in cui si capisce che lei si è liberata del suo passato e di sua madre e che non è più Sissi ma un’attrice del cinema mondiale". E anche una donna orgogliosa della sua femminilità che proprio Visconti, a detta di Schloendorff, rivelò nella sua complessità. A quel punto, nota il regista tedesco, "Romy sposò con coraggio tutte le cause, dal diritto all’aborto al femminismo, e il film La Voleuse lo dimostra".

Così, mentre Netflix si appresta a lanciare la serie tv The Empress per far conoscere il mito a un pubblico contemporaneo, il Cinema Ritrovato propone già oggi la visione della prima Sissi, ma poi il grande schermo è tutto per la Romy Schneider amata dai cinéphiles di tutto il mondo: L’enfer di Clouzot, La piscina di Deray, L’amante di Sautet.

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