Mercoledì 24 Aprile 2024

Riscaldamento globale: un sesto di vertebrati in meno per effetto della "co-estinzione"

Secondo uno studio anche gli animali potenzialmente in grado di resistere meglio al rialzo termico rischiano comunque l'oblio per un effetto domino

Circa un sesto delle specie tra vertebrati potrebbero estinguersi entro il 2100

Circa un sesto delle specie tra vertebrati potrebbero estinguersi entro il 2100

L'impatto dei cambiamenti climatici sulla sopravvivenza di molti organismi viventi è stato ampiamente sottostimato. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, secondo cui in futuro dobbiamo aspettarci molte più "co-estinzioni" di quanto ipotizzato dalla scienza finora. Attraverso un modello computazionale sviluppato per simulare la complessa rete di relazioni su cui si reggono gli ecosistemi naturali, un team internazionale di ricercatori ha osservato che le specie potenzialmente più resistenti al riscaldamento globale rischiano comunque di scomparire per una sorta di "effetto domino", in quanto la loro esistenza dipende strettamente da quella delle specie più vulnerabili. Nel tentare di rispondere agli scenari relativi al riscaldamento globale previsti da qui al 2100 nei rapporti dell'l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il modello utilizzato dagli autori Giovanni Strona (Joint Research Centre di Ispra) e Corey Bradshaw (Flinders University, Australia) ha evidenziato una riduzione di circa un sesto (17,6%) della biodiversità tra i vertebrati entro la fine del secolo. Il risultato fa riferimento a uno scenario intermedio di emissioni; questo vuol dire che livelli di gas serra ancora più elevati peggiorerebbero la situazione in modo ancora più grave. Ma cosa significa più nel concreto questo dato? "Abbiamo dimostrato che entro il 2100 ci saranno complessivamente fino al 34% in più di co-estinzioni rispetto alle previsioni che tengono conto dei soli effetti diretti", ha dichiarato in un'intervista il dottor Strona. La cifra sale addirittura al 184% se si stringe ulteriormente il cerchio intorno a specie che si trovano in cima alla catena alimentare, un insieme che per inciso include anche gli esseri umani. Come spiega il collega australiano Bradshaw, le ragioni di questa ecatombe vanno ricercate nel fatto nessun essere vivente può essere considerato un'isola. "Ogni specie dipende in qualche modo dalle altre", ha scritto in una nota. Il concetto è vero tanto per i predatori che non possono vivere senza le loro prede, quanto per gli organismi apparentemente più autonomi che traggono l'energia direttamente dal sole, perché anch'essi appartengono a un network da cui ottengono altri nutrienti essenziali. "Questo studio è unico nel suo genere perché esamina gli effetti secondari [del global warming, ndr] sulla biodiversità, stimando il modo in cui l'estinzione di alcune specie impatta nelle reti alimentari locali", ha continuato Bradshaw. Al fine di ottenere dei risultati attendibili, la simulazione ha dovuto giocoforza trascurare alcuni fattori che secondo i ricercatori presentavano un maggiore grado di criticità. Ad esempio, non è stato preso in considerazione il declino degli insetti impollinatori con le relative ripercussioni sulla biodiversità delle piante. "Non ne abbiamo tenuto conto perché non possediamo i dati per creare una rete sensata e coerente", è il commento di Bradshaw. La conseguenza è che il futuro potrebbe riservare scenari ancora più preoccupanti di quelli suggeriti dallo studio, al netto di interventi concreti da parte dell'uomo per mitigare l'aumento delle temperature. "Le nostre previsioni sono altamente conservative", si legge in conclusione.

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