RIPARTIREMO DALL’ARTE

"i musei sono la fibra della vita e alla national gallery speriamo di tornare a essere ciò che siamo"

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Il nome tradisce l’origine di questo londinese con il cuore italiano: Gabriele Maria Finaldi ama le sue radici napoletane che finalmente può esternare ufficialmente con la doppia cittadinanza. E con questo cuore tricolore dirige una delle più importanti istituzioni culturali al mondo, la National Gallery di Londra.

Quanta Italia c’è in lei?

"Moltissima, sono cresciuto con la cultura italiana che mio padre mi ha insegnato fin da piccolo, ho sempre viaggiato in Italia e a 16 anni mi sono trasferito a studiare fra Piacenza e Napoli. In me ci sono radici italiane importanti per il mio lavoro".

L’approccio alla pittura?

"Al Dulwich College, che possiede un’importante galleria d’arte dove passavo molto tempo. Ma in casa abbiamo sempre ragionato di queste cose".

Che cos’è l’arte?

"Una costante della vita che ci definisce storicamente e identitariamente, la necessità di conoscere le nostre radici per formare la personalità. La visita dei musei ci rafforza interiormente e ci aiuta a ricordarci da dove veniamo e ciò a cui possiamo aspirare".

Come si vive di cultura nella pandemia?

"Guardi, sono nel mio ufficio alla National e tutto è silenzioso attorno a me. Abbiamo avuto la fortuna di potere riaprire per alcuni giorni e ricevere la visita del principe Carlo. Ora siamo di nuovo in lockdown almeno fino all’Epifania. Ho una sensazione di disagio, ma l’impegno è di essere pronti. Io ritengo che i musei avranno una parte significativa da giocare nel recupero e nel ritorno alla normalità: fanno parte della fibra della vita".

Lei è un grande esperto di arte italiana. In questo momento la National Gallery ospita Artemisia Gentileschi: che cosa rappresenta questa artista?

"Una pittrice fondamentale che mostra non solo la grinta della sua personalità forgiata dallo stupro subito a 18 anni, ma anche originalità e bravura che unita a un talento naturale ne fa un personaggio imprescindibile. La mostra nasce dopo che abbiamo acquistato nel 2018 a un’asta a Parigi L’autoritratto come Santa Caterina che fino a quel momento era sconosciuto. La sua opera ha un imprinting riconoscibilissimo".

E il padre? Lei lo stima molto…

"Sì, Orazio è un pittore di grandissima eleganza formale, caravaggesco ma direi con un occhio al Veronese e alla pittura veneziana. Nel 1999 organizzammo la sua prima mostra a Londra dove aveva vissuto alla corte di Carlo I molto più della figlia. Ma in genere l’arte italiana è sempre stata amata: Enrico VIII si era circondato di pittori come Guercino, Albani, Guido Reni, così come sono molti gli autori italiani nelle collezioni sia private sia istituzionali fin dall’Ottocento. Alla National abbiamo ampi esempi dell’arte italiana, da Duccio e Giotto fino a Tiepolo. E di Orazio Il ritrovamento di Mosè".

Nutre un amore particolare per l’arte spagnola. Come mai?

"Il mio spirito napoletano mi avvicina con i Borbone alla Spagna, dove ho vissuto e ho sposato una donna spagnola. Mi sono laureato con una tesi su Josep Ribera, valenciano che a Roma e Napoli raccoglie nelle sue opere l’eredità dei due Paesi".

Cosa amano gli inglesi degli italiani?

"Il carattere aperto, la densità della storia e della cultura. E la cucina".

Come fa a sopravvivere un italiano a Londra?

"Una volta era molto più difficile trovare qualcosa di buono da mangiare, ora la scelta fra i ristoranti è molto più vasta".

E Gabriele Finaldi che cosa ama della sua Italia?

"L’Italia è magnifica e ogni città ha una sua impronta culturale molto forte. Modena è diversa da Verona o da Bari; Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli hanno ricchezze infinite. Piazze, chiese, ambienti storici, luoghi culturali e collezioni artistiche hanno un fascino unico al mondo e non vedo l’ora che si possa tornare a visitarle".

Ma il direttore Finaldi verrà a fare il direttore in Italia?

"Per ora sto a Londra, ma con i miei colleghi italiani ho un contatto molto stretto. Però un giorno...".

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