Giovedì 25 Aprile 2024

Ridley e il kolossal flop: "Maledetti Millennials"

“The Last Duel“ non va e il regista accusa: "Cervelli spappolati dagli smartphone". Ma studi provano che i giovani d’oggi sono migliori

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di Chiara Di Clemente

La colpa del flop del suo penultimo film? Per Ridley Scott, 83 anni, sta nel fatto che tra il pubblico cinematografico ci sono tanti giovani con i cervelli spappolati dagli smartphone. "È un pubblico cresciuto su questi fottuti telefoni cellulari – ha detto testuale il cineasta inglese al podcast “WTF“ del comico americano Marc Maron –. I Millennials non imparano nulla a meno che non passi dal cellulare, o da Facebook. È la direzione sbagliata che hanno preso, e credo che noi stiamo sbagliando a dare fiducia a quest’ultima generazione".

Il flop è quello – non da due lire – di The Last Duel: presentato in anteprima alla scorsa Mostra di Venezia, interpretato da Matt Damon e Ben Affleck (che firmano anche la sceneggiatura e ne sono produttori esecutivi) con Adam Driver e Jodie Comer, è costato 100 milioni di dollari ma – uscito negli Usa a metà ottobre – ne ha incassati finora solo 27. Si tratta di un film in costume, ambientato nella Francia della fine del 1300: è tratto da un romanzo storico che ricostruisce l’ultimo “duello di Dio“ tra il cavaliere Jean de Carrouges e lo scudiero Jacques Le Gris che aveva violentato la moglie dell’uomo. Il film si snoda lungo tre flashback, nel terzo la donna – pure rischiando così di finire sul rogo – ha il coraggio di denunciare pubblicamente lo stupro.

Tema al passo col MeToo ben evidenziato durante la promozione della pellicola, scenario suggestivo e truculento al passo coi trionfi del Trono di Spade, cast di grande fascino trainato da Affleck che si è presentato a tutte le anteprime sbaciucchiando la ritrovata Jennifer Lopez, per la gioia di paparazzi e fan del gossip. Ciononostante, The Last Duel per ora è ben lontano dal rivelarsi un successo che appiani quantomeno l’ampio investimento effettuato sull’opera dalla Disney. Ovvio che Ridley – pur sostenendo nel podcast di Maron di non nutrire alcun rimpianto né per questo né per tutti gli altri suoi film – un po’ di amarezza la possa avere. Solo così si spiega un simile attacco frontale sferrato alla medesima generazione che proprio in queste ore ha già trasformato il suo ultimo film House of Gucci in un tormentone social, con i meme virali di Lady Gaga-Patrizia che si fa il segno della croce scandendo nel suo inglese dal forte accento italiano: "NeI nome del Padre, del figlio e della famiglia Gucci". Dall’alto dei suoi 83 anni, ci sta pure che Scott non lo sappia, e che inoltre faccia confusione tra i Millennials (i nati tra il 1981 e il 1996) e la Generazione Z (i nati tra fine anni ‘90 e fine anni 2000).

Secondo gli studi della professoressa di Oxford Sarah Ogilvie appena pubblicati nel volume Gen Z, Explained: The Art of Living in a Digital Age, c’è in realtà da aver fiducia negli adolescenti di oggi: magari guardano i video delle sue lezioni a tripla velocità "perché questo li costringe a concentrarsi, e non sono tentati di andare a guardare i loro social", spiega la prof. Esempio negativo? No, "Esempio di quanto siano esperti riguardo all’economia di Internet".

Una generazione che la Ogilvie giudica migliore delle precedenti: non narcisista, "decisamente tollerante; sono molto sensibili e attenti alle altre persone, e si preoccupano per loro, anche nell’uso del linguaggio". Attivisti in difesa dell’ambiente, influenzati positivamente dalla disinvoltura “multitasking“ con cui padroneggiano, collettivamente, le risorse tecnologiche. Forse non sono più abituati ai tempi lunghi cinefili – ma chi può dirlo? guardatele voi dieci ore a botta di tragica fiction sudcoreana anticapitalistica in originale coi sottotitoli – ma fors’anche magari non interessati a quel preciso film di Ridley Scott perché preferiscono sì Spider-Man come chissà Wes Anderson, o Carax. Un caso, insomma, non una débâcle cinematografica totale.

"Per uno strano scherzo lessicale “cellulare“ ha lo stesso nome del mezzo che si utilizza per il trasferimento dei detenuti", nota lo psicologo Luciano Di Gregorio spiegando che l’oggetto malefico può diventare una prigione per la mente, arrivando a privarci della libertà "del mondo interiore: del silenzio, dell’attesa, della reale comunicazione d’amore". Il tema del cervello spappolato dagli smartphone è indubbio che resti: ma è da capire dentro a quali teste questo cervello galleggi. E forse non sono solo le teste dei giovanissimi.

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