Mercoledì 24 Aprile 2024

Reimparare a scriversi lettere La “confessione“ è liberatoria

Una libraia di Lille ha un’idea: creare un laboratorio di scrittura epistolare. Perché lei (Esther) ha nostalgia di carta e penna, ha nostalgia di quando ci si confrontava e confessava e si raccontavano storie attraverso le lettere. Un mondo ormai (quasi) scomparso, abituati come siamo alle mille diavolerie tecnologiche che ci vengono suggerite (imposte?) da telefonini ormai divenuti computer a tutti gli effetti. E così l’esperimento ha inizio. In modo dolce e aspro, in modo rassicurante.

Scendono in campo i protagonisti di questa (bella e struggente) storia. C’è Samuel, il ragazzo che legge i libri del fratello morto di cancro per elaborare il lutto suo, del babbo e della mamma. C’è Jeanne, vedova, ex insegnante di pianoforte che è sola e che difende le cause degli animali. C’è Jean, manager di successo, in apparenza cinico e arrogante, solo e solitario, senza più entusiasmi, che viaggia per il mondo per concludere cinici affari. E poi ci sono Juliette e Nicolas, moglie e marito. Lei soffre di una terribile depressione post partum, non accetta la figlia; lui non capisce perché, ma si prepara a una lunga traversata nel deserto.

Una confessione collettiva. Coi protagonisti che, consciamente o meno, sperimentano, dolorosamente e dolcemente insieme, una catarsi collettiva scrivendosi tra loro.

A tenere uniti i fili, la libraia Esther: anche per lei sarà un modo di fare i conti con le sue paure e le sue speranze, sino al finale liberatorio (e non solo per lei). Un romanzo, questo, che mette il lettore di fronte a una seduta psicoanalitica collettiva, che fa scoprire il lato più intimo delle nostre personalità. Nostalgie, rimpianti di età perdute. Ma anche visioni di un futuro migliore, più sereno, più “mansueto”.

Insomma, per citare a braccio le parole di una canzone, “questa vita è una catena, alle volte fa un po’ male”. Ma, per dirla con Italo Svevo, la vita non è bella né brutta. Ma originale. Perché, in fondo, è come giocare a flipper: tenti di dominare la pallina. Ma forse è lei che domina te.

Francesco Ghidetti

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