Re Strehler, il regista che creava le donne

Mogli, amanti, muse: dalla Vanoni alla Cortese. Una biografia del Maestro ricostruisce amori, follie e il dolore della mancata paternità

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di Chiara Di Clemente

"Tu sei entrato troppo nella mia vita: ora io vivo come vuoi tu, parlo come vuoi tu, posso ben dire che ormai da sola non posso pensare, non posso nemmeno più adoperare la mia volontà. Quando mi hai conosciuta ero una bambina sciocca e ignorante, ma ben decisa, la mia volontà era tutta tesa verso la danza... ma non avevo raggiunto ancora quello che desideravo", scrive lei, 18 anni, a lui. "Non più l’inutile festuca della sera ai vetri attarda il vento questo annuncio che viola l’orizzonte all’erta occidua ove s’inarca il tuo barlume incolmabile di fiori", scrive lui, 18 anni, a lei. Lei è Rosita, la prima moglie. Lui è Strehler.

La storia degli amori del Maestro – tra le pagine della biografia che Cristina Battocletti ha pubblicato col titolo Il ragazzo di Trieste, alla vigilia del centenario della nascita del regista – è anche la storia di un seduttore che da ragazzo è già irresistibilmente Strehler, e che diverrà Giorgio solo nel tempo che passa, via via che la morte si avvicina, e la coscienza di un vuoto restato incolmato lo strazia come una ferita insanabile.

Con Rosita Lupi, ballerina e coreografa diplomatasi alla Scala a 17 anni, "è un colpo di fulmine". La dinamica è segnata: lui è il maieuta, lei l’argilla da plasmare. L’11 ottobre del ’43 si sposano, a Milano: hanno 22 anni, Strehler è chiamato “volontario“ per la Campagna di Grecia, Rosita resta ad aspettarlo provvedendo col suo stipendio di insegnante di danza – mille lire al mese – a mantenere non solo la propria famiglia povera ma anche la mamma ex violinista e la nonna del marito. Nel ’44, disertore della Repubblica di Salò, condannato in contumacia per attività antifascista, raggiunto da un ordine di fucilazione, Strehler si rifugia in Svizzera, dove nutre e fortifica la sua passione da regista. Tornato a Milano, Strehler si dedica con Paolo Grassi e Nina Vinchi alla fondazione del primo teatro stabile pubblico italiano, il Piccolo, Rosita lo affianca anche professionalmente tra sacrifici e ristrettezze economiche mentre lui fugge e riappare, ossessivo, despota. Lei gli regala una brillantina poco costosa: "Ma che schifo! Non vale niente!", protesta lui, ed è qui – 1950 – che lei fa le valigie. Nel ’71, Rosita sarà una delle prime donne italiane a chiedere il divorzio. "Guarda quel mascalzone, quel porco, guarda quanto è bravo", ripeterà ogni volta che tornerà a vederlo a teatro.

Dopo Rosita, Ornella: 13 anni di differenza, 32 lui, 19 la Vanoni. Convinta di essere bruttissima, oltre che stupida, fa un disastroso provino per entrare come allieva al Piccolo, recitando (male) Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: a salvarla è Sarah Ferrati e nel ’53 – capelli rossi fiammeggianti, labbra carnose, fondoschiena da urlo – l’allieva si accorge che ogni giorno quando prende il tram per tornare a casa viene seguita da una millecento amaranto. Al volante c’è il Maestro. Il loro amore, scrive la Battocletti, è "un marchio a fuoco per entrambi: Strehler per lei è il tutto". Il padre della Vanoni osteggia la relazione con un uomo sposato e socialista; ma il medesimo uomo – che peraltro vive ancora con la madre – travolge la ragazza, scopre la sua voce e ne fa una diva inventando per lei le canzoni della mala e le insegna a boire la vie, succhiare la vita fino all’ultimo goccio. Gocce e fiumi di arte e champagne, sesso e partouze, droghe. Il mondo con Strehler gira velocissimo, in Ornella non può che riaffiorare l’inquietudine. "Avevo bisogno di aria, di sole, di mare e di... meno intelligenza", scherza ora la Vanoni.

Finisce con lui che per errore dà appuntamento a Ornella e a Valentina Cortese, alla vecchia e alla nuova fidanzata, nello stesso luogo alla stessa ora. Con la Cortese – si sa – sarà amore estremo, sublimato nell’arte e consumato nei folli litigi: Valucc e Bubino, complementari sul palco, si scannano da pari a pari: lui le manca di rispetto, lei gli incendia il materasso. Da pari a pari soffrono un dolore che nessuno dei due è in grado di reggere: Strehler vuole un figlio, lei resta incinta e lo perde.

Un figlio lo desidera anche da Andrea Jonasson, vent’anni di differenza, e quando non arriva lui la consola: "Abbiamo il teatro...". È con Andrea che Strehler inizia ad essere Giorgio: si ammorbidisce. La plasma, sì, ma stavolta cercando un rapporto di reciprocità: "Lui ti dava questa forza, l’impressione di volare", ricorda Andrea. Infine, pure con l’ultima compagna, Mara Bugni, incontrata nell’88 quando lei ha 25 anni e lui 67, ci sarà un figlio che potrebbe nascere, una gravidanza che va male. E a scrivere una poesia per Mara non è più Strehler, ma Giorgio: "Sei l’ultima stella apparsa a notte fonda. Inaspettata e vivida come una fiamma. ... Il buio che mi aspetta senza la tua luce non mi può lasciare che un eterno silenzio".

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