Mercoledì 24 Aprile 2024

Rapper e comici: va in onda l’antisemitismo

Dopo le affermazioni choc di Kanye West, è bufera sul monologo di Chappelle. Critiche durissime: "Con le sue battute normalizza l’odio"

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di Silvia Gigli

Tira una brutta aria tra New York e Los Angeles, tra comici, rapperstilisti miliardari e supercampioni Nba. Da alcuni mesi sembra che l’antisemitismo sia stato sdoganato. E in particolare da musicisti, comici e sportivi black. Una strana vicenda che crea imbarazzo e pone molte domande sull’origine di questo rinnovato odio.

L’ultimo ad aver fatto scandalo è Dave Chappelle, 49 anni, già finito nella bufera l’anno scorso per alcuni suoi show su Netflix con battute giudicate transfobiche (e per le quali la piattaforma streaming si è scusata pubblicamente, dopo le proteste plateale attuate anche dai propri dipendenti). L’altra sera Chappelle si è presentato alla tv Usa nel popolarissimo Saturday Night Live della Nbc. Ha iniziato il suo monologo leggendo un breve proclama: "Denuncio l’antisemitismo in tutte le sue forme e difendo i miei amici nella comunità ebraica". Poi, alzando lo sguardo dal foglio: "Questo Kanye, è il modo per guadagnare tempo", ha aggiunto rivolgendosi a Kanye ‘Ye’ West, il rapper e stilista di streetwear (ex marito di Kim Kardashian) la cui miliardaria carriera nella musica e nella moda è stata travolta e fortemente compromessa in queste ultime settimane – più o meno dall’inizio di ottobre – in seguito alle esternazioni in cui sosteneva l’esistenza di una sorta di lobby ebraica, monopolistica e pericolosa. I twitter antisemiti di Kanye gli sono costati milioni di dollari in contratti: addio Balenciaga, e solo la repentina interruzione della produzione della linea “Yeezy“ voluta da Adidas gli avrebbe fatto saltare il posto nella lista dei miliardari di Forbes, anche se lui nega.

"Ho imparato in 35 anni di carriera – ha proseguito Chappelle al Saturday Night Live – che ci sono due parole in inglese che non devi mai pronunciare una accanto all’altra. Sono l’articolo ‘gli’ e la parola ‘ebrei’. Niente di quello che dirai dopo sarà buono. Non penso che Kanye sia pazzo. Forse non sta bene, ma sono stato a Hollywood ed è proprio quello che ho visto. Ci sono molti ebrei. Ma ci sono anche molti neri a Ferguson e non significa che a Ferguson i neri abbiano il potere. Certo, se ti metti a collegare i puntini... a Hollywood potresti avere l’impressione che gli ebrei gestiscano tutto. Non è una cosa folle da pensare, ma è una cosa folle da dire ad alta voce". E ancora: "Kanye ha rotto le regole. Se sono neri è una gang, se sono italiani sono mafiosi. Se sono ebrei è una coincidenza e non bisogna mai parlarne".

Immediata, e pesantissima, la reazione di diverse voci vicine alla comunità ebraica: "Non dovremmo aspettarci che Chappelle serva da bussola morale della società, ma è inquietante vedere che il Saturday Night Live e Nbc non solo normalizzino, ma rendano popolare l’antisemitismo", ha scritto in un tweet Jonathan Greenblatt, direttore nazionale del’Anti-Defamation League, organizzazione ebraica per i diritti civili. E ci è andato molto più duro Adam Feldman, critico di Time Out New York, che ha twittato: "Probabilmente quel monologo di Dave Chappelle al Saturday Night Live ha fatto di più per normalizzare l’antisemitismo di qualsiasi cosa abbia detto Kanye. Tutti sanno che Kanye è un matto, mentre Chappelle si presenta come uno che dice verità difficili, ed è peggio".

L’onda antisemita che sta crescendo negli ultimi mesi negli Usa non sembra comunque fermarsi al mondo dello spettacolo. Nel campo dello sport, per esempio, i Brooklyn Nets hanno dovuto sospendere la star del basket Kyrie Irving per un tweet antisemita. Irving, 30 anni, nei giorni scorsi ha postato un link al film Hebrews to Negroes: Wake up Black America, caratterizzato da contenuti antisemiti, compresa, e ci mancava anche questa, la negazione dell’Olocausto. In seguito il campione si è scusato via social per l’accaduto. E ha annunciato che donerà mezzo milione di dollari a ogni organizzazione anti-odio e ha dichiarato di volersi assumere "tutta la responsabilità dell’impatto negativo del post nei confronti della comunità ebraica".

Intanto però la società dei Brooklyn Nets ha preso le distanze pubblicamente da Irving: "È profondamente inquietante, è contro i valori della nostra organizzazione e costituisce una condotta dannosa per il team". E la Nike ha rotto il suo contratto con lui. Irving, nato in Australia da madre nativa americana, non nuovo a uscite divisive (a suo tempo aveva espresso solidarietà ai non vaccinati americani) è uno che guadagna circa 33 milioni di dollari a stagione. Ora c’è chi scommette che non continuerà a farlo.

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