Venerdì 19 Aprile 2024

Ranieri al Massimo: "Canto l’amico Aznavour"

Lo show su Raitre, la riedizione dei dischi storici e un nuovo cd. "Lo chansonnier mi regalò un inedito. E ora penso a Sanremo"

Massimo Ranieri (Ansa)

Massimo Ranieri (Ansa)

Massimo Ranieri, lei di Sanremo ne ha fatti sei, ma quello dell’88 chi se lo dimentica.

"Non me lo dimentico io per primo. E non solo per la vittoria di Perdere l’amore. M’ero iscritto con un altro brano, Pierina, ma cambiai idea all’ultimo minuto. Non so cosa accadde, forse fu il Padreterno a mettermi una mano sulla testa perché Pierina era sì molto bella, ma non aveva la potenza di Perdere l’amore".

Un trionfo.

"All’annuncio papà svenne davanti alla tv. Io saltai in auto e la notte stessa mi precipitai a Napoli per festeggiare con i brindisi e i fuochi d’artificio. Il giorno dopo, però, ero già in teatro a Roma col Rinaldo in Campo".

Un altro Festival?

"Perché no? Ma stavolta da conduttore. Da cantante so’ vecchio…" scherza. "Amadeus mi avrebbe voluto in gara già lo scorso febbraio con uno degli inediti del disco che pubblico proprio oggi, ma l’ho ringraziato dicendo che non ho più l’età. Poi Tiziano Ferro mi ha chiesto di duettare assieme Perdere l’amore e all’Ariston ci sono andato lo stesso".

Conduttore, allora. E direttore artistico, di Sanremo?

"No. Giudicare non fa per me, penso che a decidere sia uno solo. E sta in cielo".

Ma l’Irrequieto del Pallonetto, quartiere dov’è nato 69 anni fa, una ne pensa e quattro ne fa. Così oltre al nuovo album Qui e adesso, alle ristampe di 16 dischi storici e alla trasmissione tv con cui ha debuttato su Raitre ieri sera (la settimana scorsa tutto era saltato per la morte di Maradona, fatto che ha letteralmente “stravolto“ il cantante), Massimo già poggia il cappello su un nuovo progetto: una raccolta d’inediti, tra cui uno di Fossati e uno di Modugno, da dare alle stampe il prossimo settembre con la produzione di Mauro Pagani.

Nell’album Qui e adesso affianca cinque inediti alla rilettura di dodici brani del periodo ’71-’74 rivestiti dal canadese Gino Vannelli, che produce l’album e condivide con lei Siamo uguali, versione in italiano di We Are Brothers con testo di Panella.

"C’erano delle canzoni verso cui mi sentivo in colpa, per averle trascurate in quel periodo della mia vita proprio a causa degli impegni teatrali. Cose come Via del Conservatorio, che feci ascoltare in anteprima addirittura Luchino Visconti, o Quando l’amore diventa poesia a cui in questo disco, con la complicità di un mito come Vannelli, provo a dare una seconda opportunità. Che poi è la prima".

Fra gli inediti ce n’è pure uno di Charles Aznavour.

"Quella canzone Charles me la regalò un giorno a casa sua, in Costa Azzurra, davanti a un bicchiere di vino. Rientrato, la girai al mio amico Gianni Togni che ci scrisse sopra un testo molto bello trasformandola in Quando il sogno diventa inutile. Nella sua tenuta Aznavour aveva un grande uliveto e io cercai di sdebitarmi facendogli recapitare un ulivo del mio amico Al Bano. Con Charles avevamo cantato in Piazza San Marco, ma in cuor mio speravo di riuscire a farlo, un giorno, all’Olympia".

Aznavour è fra i suoi santi patroni, gli altri quali sono?

"Come per tutti quelli della mia generazione il mio idolo è stato Celentano. Mi ricordo ancora la “scandalosa” esibizione del ’61 a Sanremo quando durante 24mila baci cantò di spalle al pubblico del Casinò ancheggiando; ruppe qualsiasi convenzione, cambiando la storia. L’altro è stato Mimmo Modugno".

Che rapporto oggi ha con Tiziano Ferro?

"Lo considero un mio fratellino. Dice di aver scelto questo mestiere da bambino dopo avermi visto cantare Perdere l’amore a Sanremo. Il nostro incontro al Festival avrebbe dovuto continuare al San Paolo, in occasione della tappa napoletana del suo tour; mi aveva chiesto di omaggiare assieme la città condividendo Anema e core o Core ‘ngrato, ma io gli ho suggerito di fare Reginella. Poi è arrivato il Covid".

 

 

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