Raccontò il Medioevo con le immagini Una storica indomita e avventurosa

Morta a 82 anni Chiara Frugoni, studiosa e divulgatrice dell’età di Mezzo e della Chiesa

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"Delle donne nella Storia non si parla mai. Sparse e sporadiche si trovano storie di donne che però poi si perdono e non arrivano al racconto collettivo, e per questo io ho voluto riunirne alcune nel mio volume Donne medievali. Sole, indomite, avventurose: un campione esemplificativo della vita delle donne nel Medioevo – raccontava poco tempo fa Chiara Frugoni –, per fare vedere quanto anche i miti e le leggende siano stati importantissimi nel plasmare l’idea delle donne che poi ci siamo portati dietro fino a oggi. È da allora infatti ci accompagnano concezioni che ancora riguardano la donna nella nostra società come il messaggio, molto propagandato dai media, che la donna debba sempre piacere all’uomo".

Nata a Pisa nel 1940, allieva della Scuola Normale Superiore e poi docente di Storia Medievale all’Università di Pisa e a Tor Vergata, a Roma, la storica Chiara Frugoni, studiosa di grande prestigioso internazionale della Chiesa durante il Medioevo, nota per il metodo di unire testi e immagini considerandoli fonti di pari dignità e per la sua straordinaria capacità divulgatrice anche in campo non accademico, è morta sabato all’ospedale di Cisanello, dopo una lunga malattia. Era figlia del grande medievista di origine bresciane Arsenio Frugoni, morto in un incidente stradale nel 1970 assieme al figlio Giovanni. Nel ’65 aveva sposato in prime nozze Salvatore Settis, archeologo ed ex direttore della Normale, da cui ha avuto tre figli, e in seconde nozze lo scienziato e ricercatore del Cnr Donato Cioli.

Del suo bellissimo libro uscito l’anno scorso Donne medievali (il Mulino), diceva di averlo scritto "pensando anche che se le ragazze e le ragazzine lo leggessero, rifletterebbero un po’ su questa spinta che ancora c’è fortissima nel proporsi sempre come un oggetto di piacere per un altro. Ancora oggi una ragazza, ma anche una donna, si sente fondata in un’altra persona: se piace, se non piace, se ha successo; da qui la necessità di truccarsi, di pensare ai vestiti, il dramma del proprio corpo se non è come la moda impone. E questo io lo considero un delitto perché fa appassire tutti i talenti che tantissime ragazzine potrebbero esprimere in un altro modo, anche con maggiore felicità. Vorrei spingere soprattutto le più giovani ad avere uno sguardo sugli altri piuttosto che uno concentrato su sé stesse. Per questo vorrei che questo libro entrasse nelle scuole".

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