Venerdì 19 Aprile 2024

Quilici junior e la tigre: "Mi ha morso, la perdono"

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L’idea del film viene da lontano. Dal 2015. Ci sono voluti un anno di sopralluoghi e un anno di riprese nel sud del Nepal, a Katmandu, sull’altopiano del Mustang e fra le nevi dell’Himalaya. E in più, avendo davanti alla cinepresa un vero cucciolo di tigre. È l’impresa alla quale si è votato Brando Quilici, documentarista e regista figlio del celebre regista e divulgatore scientifico Folco Quilici, scomparso nel 2018.

Il film che Brando ha realizzato è Il ragazzo e la tigre. Sarà presentato oggi nella sezione “Alice“ nella città della Festa di Roma, e uscirà in sala domani. Protagonista il piccolo attore indiano Sunny Pawar – già noto per Lion. La strada verso casa con Nicole Kidman – con Claudia Gerini nel ruolo della direttrice dell’orfanotrofo dal quale il bambino fugge. E a Mukti, vero cucciolo di tigre del Bengala.

Brando Quilici, nel film il bambino passa spesso le mani sul muso della tigre, la carezza, ci gioca… Quanto c’è di reale?

"Tutto quello che si vede nel film lo è. Sunny aveva davvero un rapporto straordinario con lei. Ha conosciuto la tigre quando aveva solo tre mesi, e beveva solo latte: ha imparato a darle da bere con il biberon. E infatti, è l’unico della troupe che non è stato mai morso!"

Lei sì, per esempio?

"Un sacco di volte. Pensavo che mi conoscesse benissimo, e un paio di volte mi sono azzardato a grattarla sotto il mento. Una volta è andata bene, un’altra meno… Però in generale il rapporto con la tigre è stato fantastico. Per esempio quando l’abbiamo messa in un sidecar, per una scena: si è divertita da morire, non voleva più scendere".

La cosa che colpisce di più, nel film, è il senso di verità di luoghi, ambienti, volti...

"Abbiamo usato persone che non sono attori di professione. Siamo andati a girare fra le tende di una vera tribù nomade quasi estinta, che parla una lingua incomprensibile agli altri nepalesi, e che mangia carne di scimmia".

Che cosa desiderava, con questo film?

"Comunicare una storia semplice, ma fortissima, ai più giovani. Se una storia come questa la vedi al cinema, su uno schermo grande, quando hai otto, nove o dieci anni, questa storia non ti lascia più. E se ti innamori di una storia, te la ricordi tutta la vita".

Suo padre Folco ha fatto in tempo a sapere del progetto? "Sì: e mi ha regalato dei consigli. Conosceva il cinema, e la bellezza del mondo, meglio di chiunque altro".

Claudia Gerini è venuta a girare anche sull’Himalaya…

"È stata coraggiosissima. E anche molto umana. Nelle scene girate nell’orfanotrofio, si è messa a giocare con i bimbi, se li è abbracciati tutti: è diventata la mamma di tutti loro. Claudia ha un cuore grande".

Giovanni Bogani

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