Giovedì 18 Aprile 2024

"Quest’Italia non merita un nuovo Pasolini"

Roberto Pazzi risponde a monsignor Ravasi: "In questo clima culturale maschilista e omofobo, sarebbe fatto fuori un’altra volta"

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Pasolini, quo vadis?

Il cardinale Gianfranco Ravasi, eccelso biblista, esponente della cultura cattolica più aperta, nel suo auspicio di una più forte presenza di “poeti e preti”, in un’intervista da queste pagine lamenta l’assenza nel panorama culturale italiano di una figura provocatrice e persuasiva come quella di Pasolini. Ho subito pensato a Quo vadis? di Sienkiewicz. Il romanzo narra di san Pietro che in piena persecuzione anticristiana decide di abbandonare Roma. Ma, giunto a porta Capena, incontra sulla via Appia Gesù Cristo. S’inginocchia. "Quo vadis, Domine?" (Signore, dove vai?) e la risposta di Gesù è lapidaria: "Vado a Roma a farmi crocifiggere un’altra volta". Pietro capisce il rimprovero. Il posto del vicario di Cristo è a Roma, a costo dello stesso suo martirio. E ritorna, adempiendo il suo destino sulla croce.

Né se Pier Paolo Pasolini tornasse al mondo sarebbe molto diverso. Oggi, in questa Italia omofoba, farebbe la stessa fine. Lo farebbero fuori subito. Pensate a chi è stato eletto da questo parlamento presidente della Camera e da quale plauso è stato accolto dallo schieramento politico vincente, nonostante le generali proteste per una scelta così divisiva. Un esponente di una cultura omofoba, che considera l’unione civile fra persone dello stesso sesso, inesistente, e che si è battuto contro nei family day di Verona. La radice di tale rinnovata intolleranza del diverso è tutta racchiusa in una concezione dell’amore e dell’eros esclusivamente mirata alla procreazione, dove nessun colpo in canna deve andare sprecato. Non c’è posto in tale concezione integralista per uno scambio effusivo di carezze fra due sposi, che sia solo effusione di affetto e di piacere, senza procreare.

Tale ritorno a una concezione, che demonizza la bellezza e il piacere della carne, non offrirebbe alcun posto a Pasolini o a chi, come lui, difendesse esponendosi pubblicamente, l’erotismo come forma privilegiata di affetti, fra persone, sia di sesso diverso che uguale. Quell’erotismo che ha donato alcuni dei testi poetici della classicità più alti. Penso a Omero e ad Achille e Patroclo, a Virgilio e a Eurialo e Niso, a tutta la lirica d’amore greca e latina, cominciando dal più grande poeta della classicità, Saffo, passando per Orazio e Catullo.

Dobbiamo tornare "all’amore che non può dire il suo nome" di Oscar Wilde? Si moltiplicano i segni di intolleranza e persecuzione di ragazzi e ragazze che si tengano per mano, come di calciatori che facciano il coming out. Tali sono i tempi, eminentissimo cardinale Ravasi.

Che cosa potremmo offrire a Pasolini oggi se tornasse a Roma anche lui, per consolarlo del suo sacrificio? Il panorama di una cultura narcisistica e maschilista, dove si uccidono ogni giorno delle donne, per una concezione arcaica del maschio, marito o compagno che sia, sempre padrone? Dove dei genitori rinnegano i figli gay, qualcuno addirittura affermando di preferire che morisse?

Resta a confortarci e a farci sperare in tempi migliori solo quella straordinaria frase ispirata di papa Francesco che davanti alla questione omosessuale, anni fa, poco dopo che fu eletto, rispose: "Chi sono io per giudicare un gay?"

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