Quelli che misero la rivoluzione in Frigidaire

Un documentario ripercorre quarant’anni dopo la storia della rivista di fumetti (e non solo) che segnò l’immaginario di una generazione

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di Giovanni Bogani

Era il novembre 1980. Finivano gli anni di piombo, la lotta politica che diventava terrorismo. Non finivano la voglia di rivoluzione, la voglia di cambiare il mondo. La voglia di guardare il mondo con occhi diversi.

Chi, in quegli anni, aveva vent’anni magari abbandonava le parole d’ordine dei fratelli maggiori, i pugni chiusi, la fede in Mao, il marxismo-leninismo, gli slogan sul Vietnam, l’ideologia. Magari non credeva più nella politica, ma credeva ancora nell’immaginazione al potere, nella possibilità di raccontare il mondo con un disegno, una vignetta, un racconto. Con uno sberleffo.

Nel novembre 1980, esattamente quarant’anni fa, nasceva Frigidaire. Una rivista a fumetti, sì. Ma anche molto di più: un modo di raccontare il mondo, un modo di guardarlo con altri occhi. C’erano fumetti e c’erano inchieste giornalistiche, c’erano clamorosi "falsi" capaci di confondere le idee ai lettori. C’erano le tavole di Andrea Pazienza, uno dei più geniali e coraggiosi fumettisti italiani, che nel 1980 fondò Frigidaire insieme a Vincenzo Sparagna, Tanino Liberatore, Filippo Scòzzari e Massimo Mattioli.

Cinque matti, e la libertà totale di fare tutto. Anche cose veramente da pazzi: come quando, in piena guerra in Afghanistan, stampano un numero falso di Stella rossa, il quotidiano dell’esercito sovietico. Nella prima pagina c’è un soldato che rompe un kalashnikov, mentre il titolo grida: "Basta con la guerra! Tutti a casa!". In russo, naturalmente, e con una grafica perfetta, tale da ingannare qualunque lettore sovietico. Lo affissero sui muri di Peshawar e persino a Kabul. A raccontare questa, e molte altre storie legate a questa rivista, è adesso il film documentario I quarant’anni di Frigidaire, diretto da Alessandra Attiani e Massimo Saccares. Lo si può scaricare con una donazione libera da openddb.it, piattaforma di film, libri, album musicali indipendenti.

"Ero adolescente in quegli anni – dice lo scrittore Nicola Lagioia, premio Strega nel 2015 con il romanzo La ferocia, direttore del Salone del Libro di Torino – Frigidaire mi ha insegnato una grande lezione: il coraggio di rischiare".

Ma Frigidaire era anche avanti nell’informazione, nel lavoro più coraggiosamente giornalistico. È di Frigidaire la prima inchiesta sull’Aids. Se ne parla, per la prima volta in Europa, nelle pagine della rivista, con un’inchiesta di Paolo Brogi: "Arrivavano – racconta – rare notizie dagli Stati Uniti di una malattia che veniva ancora chiamata ‘il cancro gay’. Fui il primo a scrivere che poteva colpire tutti, emofiliaci, eterosessuali, tutti".

Vincenzo Sparagna ha oggi settantacinque anni, e ancora i capelli lunghi, bandiera di libertà di quegli anni. "All’epoca – ricorda – il quotidiano Repubblica non usciva di lunedì. E noi allora creammo Il lunedì de la Repubblica, con la stessa identica grafica, un vero quotidiano di trenta pagine, con mescolate notizie vere e altre assolutamente false: era il lettore a partecipare al gioco, a distinguere il vero dal falso. A Repubblica impazzirono: ci fecero causa, perdendola. Alla fine comprarono la testata, per cinquanta milioni di lire".

Fra il vero e il falso, fra fumetto e inchiesta, fra creatività e rivoluzione. Frigidaire parlava di guerra, ambiente, musica, arte. Persino il presidente Sandro Pertini invitava la banda della rivista al Quirinale, per una chiacchierata. E poco dopo, appariva su Frigidaire un Sandro Pertini disegnato da Andrea Pazienza. C’era anche molto erotismo: o anche le foto in nudo integrale del critico d’arte Achille Bonito Oliva.

"Spesso uscivo con una copia di Frigidaire sotto braccio: mi sentivo forte, fiera, indipendente, e quella rivista era un segno di questa libertà", dice Chiara Rapaccini, disegnatrice, illustratrice, all’epoca compagna di Mario Monicelli. Alla quale, tuttavia, non fu risparmiato un brutto scherzo da parte dei redattori della rivista: "Utilizzarono una foto mia, con una didascalia sulle mie presunte abitudini sessuali – ricorda – La mostrai a Mario, con infinito imbarazzo, ma lui ci rise su. Io un po’ meno: e telefonai alla redazione imbestialita".

Altri tempi. Ma anche quella in fondo, crudelissima, scorrettissima, improponibile oggi, era libertà.

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