
"Le città di pianura" di Francesco Sossai a Cannes
Cannes, 21 maggio 2025 – Se «la Basilicata esiste», come diceva con orgoglio Rocco Papaleo, ostinato cultore della sua provincia lucana, al contrario «Rovigo non esiste». È quello che dicono nel film di Francesco Sossai Le città di pianura, presentato a Cannes nella sezione Un certain regard. Rovigo non esiste, così come sembra non esistere più quella pianura fra il bellunese e Venezia, quella provincia dimenticata, poco commerciabile, poco vendibile. Dove troviamo i due protagonisti del film, cinquantenni fiaccati dalla disillusione.
Le città di pianura di Francesco Sossai, regista nato a Feltre, formatosi fra Roma e Berlino, è un viaggio on the road in Veneto, fra i monti e la laguna. Un film nel quale si sentono echi del cinema di Carlo Mazzacurati, ma anche dei road movie di Wim Wenders, e del Sorpasso di Dino Risi. Il film (che uscirà in sala con Lucky Red) è interpretato da Filippo Scotti (E’ stata la mano di Dio) e da Pierpaolo Capovilla (il musicista leader del gruppo il Teatro degli Orrori), Sergio Romano, Roberto Citran e Andrea Pennacchi, e alterna momenti di dolcezza e altri di amarezza, tra un bar e un autogrill, tra un goccio di birra e uno di vino, in un mondo di provincia che sembra dimenticato da tutti, rimosso, invisibile.
«Ho cercato di dare un’idea diversa, forse più complessa, della mia terra», dice Sossai presentando il film alla stampa, a Cannes. «Ho preparato il film lavorando nei luoghi, come farebbe un fotografo; ascoltando le persone nei bar, nei mezzi di trasporto». E così ha modellato questa storia di due cinquantenni senza un soldo, che vagano in macchina da un bar all’altro e si imbattono per caso in Giulio, un timido studente di architettura. L’incontro con i due cinquantenni trasformerà Giulio, il suo modo di vedere il mondo e di immaginare il futuro. Il regista rivela: «Il film è nato in una notte d’inverno di una decina d’anni fa, dopo aver preso una solenne sbronza a Venezia con un mio caro amico. Quella notte incontrammo un giovane studente di architettura a Venezia, ed è nata una grande amicizia». Prosegue Sossai: «Mi sono approcciato a una terra raccontandone gli abitanti; non mi interessava il ‘territorio’, che è un concetto usato per vendere. E volevo indagare gli effetti della crisi del 2008, poco esplorata in Italia al cinema». Una crisi che travolge una generazione, portando con sé i ridimensionamenti del personale, i soldi che vanno in fumo, e per molti la fuga nella bottiglia. Ritratto di un’umanità in via d’estinzione, e di sentimenti che forse stanno per estinguersi con essa, Le città di pianura, fedele alla vocazione «analogica» dei suoi personaggi, è girato in pellicola, in 16 millimetri e in 35 millimetri, come il cinema-cinema di una volta.