Quel romanzo popolare chiamato Mussolini

L’arte del best seller di Scurati è raccontare la Storia dall’interno, con cronache e personaggi. Ma il secondo “M” non convince come il primo

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Che cosa c’è dietro al successo di M, prima e seconda versione, dietro al fenomeno Scurati, a uno scrittore fino ad allora ignoto al grandissimo pubblico, che nel giro di due anni porta a casa un premio Strega e quel che più conta è ancora in testa a tutte le classifiche dei best seller, viene tradotto all’estero e riesce a far appassionare alla storia centinaia di migliaia di italiani?

Ecco, forse è da questa domanda che occorre partire per esaminare il percorso dell’ultimo M di Antonio Scurati, il secondo della serie, L’uomo della provvidenza che ha seguito di un paio di anni Il figlio del secolo, biografia romanzata ma non troppo di Benito Mussolini e di un’intera epoca della storia nazionale, con i suoi vari e variegati protagonisti. Molto studiata, molto raccontata ma ancora in buona parte da conoscere.

Il successo del primo M, e a quanto pare di capire anche del secondo, quello uscito in libreria un mese fa, è nel tentativo di Scurati, riuscito, di fare la storia dall’interno, di svelarne le trame come in un racconto riferito a ieri, anzi, a oggi. "Romanzo", è scritto ben in evidenza nella copertina, e proprio in quella parola sta buona parte della chiave di lettura del suo gradimento. Quando si legge la storia, e molti non l’hanno letta ma solo sentita raccontare, non si riesce mai a sfuggire alla tentazione di vedere gli accadimenti con gli occhi attuali, dalla fine. Senza ricordarsi che ciò che avviene è perché in quel preciso momento esistevano quelle condizioni, perché gli uomini si relazionano con gli altri in base a idee, sensazioni, emozioni, giudizi che appartengono all’oggi di ogni epoca e non al domani.

Scurati ci fa vedere la Storia come la vedevano i protagonisti del momento. Così, servendosi anche della riproduzione di documenti d’epoca, pezzi di giornali, lettere, scritti tutti rigorosamente originali, Scurati nel primo M, dal 1919 al 1925, fotografa il grande cataclisma sociale che seguì alla prima guerra mondiale, la guerra civile tra socialisti e fascisti combattuta a suon di morti da una parte e dall’altra, la pavidità di una classe politica liberale ormai decotta, l’irruzione nell’agone politico della grandi masse in seguito all’introduzione del suffragio universale.

Ancora: l’opportunismo della Chiesa, il cinismo di Mussolini, l’emergere di grandi figure poco conosciute come Margherita Sarfatti, prima giornalista italiana e non solo "amante del Duce" come una pubblicistica riduttiva l’ha sempre etichettata, il velleitario quanto affascinante decadentismo di D’Annunzio.

Tutti fatti conosciuti, ma forse non in quella forma. Se interpellati al riguardo, la maggior parte di noi non saprebbe ricordare che Mussolini salì al potere con il voto di fiducia parlamentare di personaggi come Croce, De Gasperi, Gronchi, De Nicola.

Il tentativo di Scurati, che scrive bene e in forma accattivante, è continuato anche nell’M uscito di recente, nel quale egli esamina gli avvenimenti che vanno dal 1925 al 1932. Lo stile è lo stesso, ma i risultati sono diversi. Il filo che Scurati segue è quello del "corpo del Duce" e dei suoi contorcimenti ma non ha lo stesso ritmo, la stessa potenza narrativa del primo, non appassiona allo stesso modo.

Certo, sono anni diversi, meno ricchi di sviluppi e di personaggi, ma Scurati ci mette molto del suo a perdere di vista ciò che nel primo M lo aveva consacrato: i personaggi, le dinamiche tra i protagonisti, i loro pensieri, le loro gelosie, i loro rapporti. Manca Mussolini, manca la Sarfatti, manca D’Annunzio, qui sarebbe potuto esserci il Re che però è solo nello sfondo, mancano gli altri.

Un peccato che forse sarà rimediato dal terzo volume, già in gestazione, si dice, e che comunque non deve scoraggiare dall’intraprendere una lettura che in ogni caso resta piacevole e interessante.

 

 

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