Sabato 20 Aprile 2024

Quel castagno che racconta l’Italia millenaria

Gli studi del Dna: l’albero alle pendici dell’Etna ha 2200 anni. Col tronco dal diametro di 18 metri è un monumento vivente tra i più antichi

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di Vincenzo

Pardini

Far visita a un vecchio castagno, e magari starci insieme, sembra di essere in compagnia di un guerriero, non perché abbia sostenuto battaglie cruente di morti ammazzati, ma battaglie di altro genere, le più nobili e grandi, tra cui quelle del trascorrere del tempo e quelle contro la furia degli elementi che l’hanno nobilitato al punto da conferirgli l’alloro di patriarca. Uno di loro denominato dei Cento Cavalli, si trova alle pendici dell’Etna in provincia di Catania. A certificarlo per la prima volta è uno studio del Crea (l’Ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari vigilato dal ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali) che ne ha ricalcolato l’età, 2200 anni, e l’ha definito un monumento vivente.

Un monumento che ha sì, anche assistito e molta storia degli uomini, che dalla sua altezza sa di sicuro vedere e valutare come nessuno, ma soprattutto ha vissuto e vive una storia che agli umani non è dato conoscere, poiché si tratta di vicende e circostanze tutte interiori al suo tronco e alle sue radici, che molte volte, se non spesso, per non dire sempre, potrebbero anche tenerlo lontano dalle situazioni del nostro quotidiano in senso esteso. Viene infatti da pensare che abbia ben altro di cui preoccuparsi. A cominciare dai mutamenti climatici e il variare delle stagioni, che deve affrontare rinnovando le sue energie, che gli provengono da una terra non più tanto in salute come quando era giovane, e aveva attorno a sé decine di coetanei, che poi sono venuti meno. Lui no. Lui era destinato a resistere, affinché noi cercassimo di vedere e di capire di cosa può essere capace la natura, e un castagno come lui.

Passavano gli anni, passavano i secoli, ma il suo fusto e i suoi rami non cedevano né alle minacce dei fulmini né alle lusinghe della primavera che, coi suoi stuoli di fate, voleva forse fargli credere cose che mai gli rivelava. No, lui non si faceva raggirare né dalle sensualità delle fate, né dalle astuzie delle streghe. Rimaneva se stesso nel buono e nel cattivo tempo, pronto a cogliere ciò che avrebbe potuto nuocergli. Come certi temporali carichi di nubi piene di fulmini, che gli scagliavano vicino spade analoghe a quelle dei cavalieri che, talvolta, avevano sostato nei sui pressi. Ma pure i temporali finivano con non osare più di tanto, in quanto restava vagile e imperterrito, al punto da scoraggiarli.

La battaglia più dura avveniva coi venti. I quali pensavano di giungergli sopra all’improvviso, perfino con l’intento di farlo precipitare. Si sbagliavano. Li aveva percepiti assai prima che arrivassero, perché l‘aria, sua eterna alleata, amante e complice l’aveva avvertito inviandogli i convenuti segnali, noti solo a loro due. Tra cui certe correnti più o meno tiepide o più o meno gelide, unite agli spifferi provenienti da mare, allorché le sue onde si agitano e comunicano, in codice, i pericoli che possono approssimarsi al mondo vegetale e faunistico. Un linguaggio da noi oramai smarrito, ma che ancora esiste e opera.

Il nostro castagno ha un tronco con diametro medio di 18 metri, e la sua chioma copre un’area di circa mille metri quadrati: essergli accanto è come accostarsi a un incantesimo. Se sfioriamo la sua corteccia e restiamo in ascolto come fanno i mistici quando pregano, le sue voci interiori e i suoi suoni ci giungono via pensiero per posarsi nella nostra anima. Tra questi non mancherebbero certo i profondi rigurgiti che l’Etna stessa gli invia dai tragitti sotterranei, specie quando, satura di fuoco, sta per eruttare.

Il Castagno dei Cento Cavalli, nonostante i suoi molteplici impegni, si può stare certi che non sia mai solo; tutto e di più gli giunge anche dalle rocce, che si vuole abbiano veduto Dio, e da quanto ha attorno. Incluso il cielo, perché è verso di esso che si protende, ed è da lui che riceve luce ed acqua. E il cielo non fa mai niente caso. Quel caso che ha voluto che questo castagno della Sicilia orientale ci raccontasse una favola scritta dalla natura in persona, e che noi dovremmo sapere decifrare con pazienza e umiltà. Doti che non sono certo mancate a questo storico, leggendario, fraterno albero.

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