Giovedì 18 Aprile 2024

Quei tunnel di Hitler nascosti nei nostri monti

In Veneto e in Trentino le fabbriche segrete dove venivano prodotte le armi sperimentali volute dal Führer. Furono smantellate nel 1945

In una foto d’epoca, i macchinari collocati nei tunnel segreti

In una foto d’epoca, i macchinari collocati nei tunnel segreti

Schegge di memorie, documenti ingialliti dal tempo, tunnel misteriosi. Riconducono alla Seconda guerra mondiale, quando i nazisti allestirono in Italia fabbriche segrete per la produzione di armi sperimentali. I piani di Hitler dopo l’Armistizio del 1943 prevedevano di mettere al servizio dell’esercito tedesco la produzione bellica dello Stivale, che doveva aggiungersi a quanto realizzato in altri 80 siti industriali sparsi in Europa sotto il controllo dell’organizzazione Todt. I progetti prevedevano di rendere invisibili questi luoghi, per vanificare gli attacchi Alleati che arrivano dal cielo. Il flusso di materiale destinato a oltrepassare il Brennero doveva contribuire a ribaltare le sorti del conflitto con le Wunderwaffen, le “armi-meraviglia”.

È in questo scenario che s’inseriscono due stabilimenti nascosti nel cuore delle montagne, a Costozza (Vicenza) e Torbole (Trento). Realizzavano accessori e componentistica per i futuribili aerei a reazione e i micidiali missili V2 con cui veniva bersagliata Londra. La produzione si basava su macchinari e materiali recuperati presso Alfa Romeo, Ducati, Fiat Mirafiori, Isotta Fraschini, Officine Reggiane, Piaggio, Siemens.

Gli stabilimenti segreti appartenevano a un mondo dai contorni tenebrosi, dominato dai rumori di una frenetica attività, dove si aggiravano migliaia di lavoratori sorveglianti dai militari. A volte erano giovanissimi che avevano accettato un impiego lontano da casa, spinti dai morsi della fame. Nel progetto nazista anche la loro acerba esperienza poteva risultare preziosa. Provenivano da siti industriali del Nord Italia distrutti o bombardati, come sottolinea l’archivio dell’associazione Familiari lavoratori Officine Reggiane.

Saibling C era il nome in codice della fabbrica di Costozza, ricavata da un’antica cava che aveva dato pietre per la costruzione delle scenografiche ville venete e dei palazzi di Venezia. Qui erano impiegati almeno 1.500 lavoratori, suddivisi in turni. Gli Alleati scoprirono il sito, tuttavia le incursioni aeree si rivelarono inefficaci, la produzione era protetta dalla montagna.

Abbiamo esplorato il luogo, documentando tunnel interminabili che si addentrano in profondità. Nel labirinti rimangono i segni dell’attività umana: colate di cemento ancora intatte, scritte sulle pareti che narrano di operai arrivati da lontano, date che rivelano la realizzazione degli immensi locali ricavati dalla roccia. Erano stati persino approntati spazi per teatro e per celebrare la messa. I lavoratori erano alloggiati nelle scuole. Ci sono foto che ricordano l’attività produttiva e momenti di svago.

Si tramanda che i tedeschi avessero collocato camion imbottiti di esplosivo in vari punti del paese. In caso di minaccia, avrebbero fatto saltare l’abitato.

Un altro ex stabilimento è a Torbole. Si affaccia sul lago, un luogo affollato da turisti e appassionati di windsurf. All’epoca lo scenario era composto da postazioni difensive, baracche e darsene che introducevano a una galleria. Dentro il tunnel era stata approntata una fabbrica con un’estensione di 6mila metri quadrati. L’immenso budello in origine era stato ideato per regolare il flusso delle acque tra il Garda e l’Adige. I materiali arrivavano con battelli dalla parte meridionale del Benaco o tramite trasporto su gomma da Domegliara (Verona), dove c’era un magazzino di raccolta e smistamento. Anche in questo caso gli assalti degli Alleati non ebbero esito, impossibile scalfire la montagna.

Gli stabilimenti di Costozza e Torbole rimasero in funzione sino alla primavera del ’45, per essere smantellati con l’avvicinarsi del fronte. Oggi fanno parte della mappatura delle fabbriche segrete di Hitler.

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