Giovedì 18 Aprile 2024

Quegli anni Ottanta in sala giochi. I videogame retrò alla riscossa

Sorpassati dalle esperienze ludiche online, i cabinati a gettone sono diventati pezzi da collezione. L’apprezzamento per queste macchine attraversa le generazioni. E spuntano anche le prime mostre

Sala giochi degli anni '80: cabinati stanno vivendo seconda vita come pezzi da collezione

Sala giochi degli anni '80: cabinati stanno vivendo seconda vita come pezzi da collezione

Un gettone. Dai, passami un altro gettone che finisco lo schema. Solo un altro, per favore, che stavolta faccio il record di punti. Quanti pomeriggi d’estate degli anni Ottanta trascorsi nella sala giochi (tra fumo e tizi strani, un ambiente non così salutare), a salvare principesse con Space Ace (uno dei primi lasergame a cartoni animati: si vinceva solo con le combinazioni giuste di mosse) o a sconfiggere gli amici in combattimenti all’ultimo sangue (virtuale) su Street Fighter. E poi i labirinti di Pac-Man, i mosconi alieni di Galaga, i tornei di calcio di Kick Off: c’era sempre un punteggio da battere e si poteva scrivere il proprio nome (di solito abbreviato a sole tre lettere maiuscole) in classifica. Se andava bene e il gestore non azzerava tutto durante la notte, la firma restava per giorni. Mentre giocavi, gli amici attorno a te si esaltavano o ti spernacchiavano, a seconda dell’esito, attendendo il turno per cercare di superarti.

Aspettavamo le vacanze per regalarci (si fa per dire... era una tassa, per i genitori generosi) qualche ora a smanettare sui ’cabinati’, quelle postazioni di gioco a gettone di cui rimane ancora traccia nelle località di villeggiatura al mare o in montagna. Le sale giochi (da non confondersi con quelle d’azzardo, piene di slot) sono luoghi che appartengono al passato.

Uno degli ultimi templi dei videogame arcade, la Sega Ikebukuro Gigo di Tokyo, movimentato locale della capitale giapponese, chiuderà i battenti in settembre. Sebbene il declino del settore sia in atto da almeno vent’anni, è la fine di un’epoca: nel 1989, in Giappone c’erano 22mila centri di gioco; nel 2019 solo 4mila. La pandemia ha fatto il resto, e anche la Sega (il maggior produttore di cabinati), in novembre aveva già venduto la maggioranza del ramo arcade.

La vittoria di Playstation e Xbox è conclamata, oggi si gioca comodamente da casa, collegati on line con gli amici, non ci sono limiti di tempo e l’esperienza è più immersiva ma, nello stesso tempo, più isolata. Non devi andare dal gestore a cambiare le lire in gettoni, piuttosto convincere i tuoi a comprarti l’ultima skin di Fortnite o la più recente espansione del tuo videogioco preferito (con un click, non c’è neanche bisogno di andare in negozio). Insomma, game over?

Non proprio. La cosa paradossale è che gli arcade sono diventati pezzi da collezione, l’effetto-nostalgia è balzato addosso ai 40-50enni di oggi, che comprano questi videogame vintage per metterseli in casa. Il progetto Arcadestory, nato nel 2017 ad Arzignano, in provincia di Vicenza, ha recuperato e restaurato 400 cabinati, che possono essere acquistate e noleggiate per eventi. Venticinque di questi pezzi, realizzati tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, vengono esposti a rotazione in un centro commerciale di Carpi (Modena) nella ’vetrina’ della società. C’è perfino un talk show, il ’Salotto di Arcadestory’, dove vip e appassionati si scambiano ricordi e impressioni su questa stagione.

Roba da boomer, dite? Eh no, perché, per quanto stilizzati e schematici (un’avventura su console, oggi, ha la profondità di un film interattivo), i cosiddetti retrogame piacciono anche ai giovani di 20 e 30 anni. Un successo che va ricercato nell’immediatezza di alcuni titoli (molti dei quali scaricabili su pc), che richiedono ugualmente prove di abilità e prontezza di riflessi, ma hanno un ritmo meno forsennato dei best seller attuali. Trend certificato dal recentissimo film Boss Level con Mel Gibson (su Amazon Prime): la riscossa del protagonista, Frank Grillo, parte proprio da un centro di retrogame (frequentato da ragazzini) per salvare il mondo. Casualità? Non crediamo...

 

 

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