Quando il mondo era ai piedi di Nureyev

Fuggito dall’Urss, spiato ma scampato alla vendetta perché troppo popolare, talento unico e libero: trent’anni fa moriva a Parigi il ballerino più grande

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di Roberto

Giardina

Con un balzo, quasi un volo, all’aeroporto di Le Bourget a Parigi, Rudolf Nureyev conquistò la libertà, ed entrò nella leggenda il 16 giugno del 1961. Da allora a 23 anni cominciò una vita tra due mondi, per il più grande ballerino del secolo, pari solo a Vaslav Nijinsky, desiderato da uomini e da donne. "Aveva l’arroganza degli dei", disse il più giovane collega Baryshnikov. Come un dio divorava chi lo amava, e alla fine divorò se stesso. Nureyev morì malato di Aids esattamente trent´anni fa, il sei gennaio del 1993, in un ospedale di Parigi. Sulla sua vita hanno girato un film, scritto un paio di romanzi da dimenticare. Diane Solway ha pubblicato cinque anni dopo la sua scomparsa la biografia più ampia e precisa, oltre seicento pagine. La verità supera l´immaginazione dei romanzieri.

Era nato su una vettura della Transiberiana nel 1938, l’ultimo anno di pace. La madre voleva raggiungere il marito militare, a Ufa, guarnigione sul Pacifico, all’estrema periferia dell´impero. Fu soprannominato "Il tartaro volante", per i suoi balzi atletici eppure armiosi, e per l’origine del padre, di cui si vantava: "Il sangue tartaro scorre così veloce nelle mie vene, quasi sul punto di bollire". Fu preso dal Kirov di Leningrado a 17 anni, quasi al limite per un danzatore agli inizi.

Nell’Unione Sovietica, anche sotto Stalin, il balletto aveva conservato la sua tradizione aristocratica, l’eredità zarista. I danzatori russi erano i migliori al mondo, un vanto patriotico anche per chi non si poteva permettere di acquistare un biglietto, e mai aveva assistito a uno spettacolo. La fuga di Nureyev fu un tradimento. Rudik, come lo chiamava la madre, e poi gli amici, dimostrò subito doti fuori dal comune, ma non piacque ai coreografi. Andava contro la tradizione, i ballerini non dovevano imporsi troppo alla partner, essere virili ma non esibzionisti. Nureyev era affascinante, fin troppo, volle modificare il costume, amava calzamaglie aderenti che mettessero in risalto i muscoli delle gambe.

Andò a Parigi con la troupe per sostituire il primo ballerino ammalato. Conquistò il pubblico, ed eluse la disciplina rigida della compagnia per girare di notte di locale e locale, accettando inviti proibiti. Gli annunciarono che sarebbe dovuto tornare a Leningrado, mentre la compagnia proseguiva la tournée all´estero. Comprese che non gli avrebbero permesso ancora di viaggiare, e prese una decisione fulminea. Con un balzo superò il cordone di agenti del Kgb, e si precipitò tra le braccia dei poliziotti francesi.

Non tornò più in patria, solo nell’ ’87, Gorbaciov gli concesse un permesso speciale per abbracciare la madre. Ma gli agenti del Kgb continuarono a sorvegliarlo ovunque, una minaccia silenziosa. Avrebbero potuto ucciderlo, rapirlo? Non osarono, perché al Cremlino compresero che una vendetta avrebbe trasformato quel ballerino in un mito.

Nureyev incontrò e fece coppia con Margot Fonteyn, che per gli inglesi è la più grande ballerina di tutti i tempi. Lei aveva 42 anni, lui quasi venti di meno. Danzare con un partner più giovane e focoso diede nuova linfa vitale a Margot. "Nella danza non c’è posto per il sesso", sentenziò l´anziano Balanchine, aveva quasi timore del giovane russo, un animale selvaggio, e si sbagliò. Sul palcoscenico, Nureyev trasformò la carica erotica in arte, e rivoluzionò la danza. Lo corteggiarono donne famose, da Madonna a Lady Diana. La principessa Lee Radziwill, sorella di Jackie Kennedy ne fu presa a tal punto da ossessionarlo seguendolo ovunque andasse. "Ho ceduto per una o due notti", disse Rudolf, senza vantarsi, "il sesso con le donne è estenuante, e ti esaurisce. Con gli uomini è veloce e riposante, di dà nuove forze come un buon pranzo".

Tra passioni veloci e scandalose, ebbe un rapporto discreto e intenso con il ballerino danese Erik Bruhn, di grandissimo talento. Di dieci anni più anziano, lo accolse a Parigi, e gli fece da guida nel mondo occidentale. Una bella storia d’amore tra il tartaro focoso e il biondo e pallido Erik che morì, probabilmente anche lui di Aids, nell´86. Nureyev continuò a danzare anche quando le forze cominciarono a lasciarlo. Non aveva bisogno di denaro, ma volle restare sul palcoscenico: "Finchè sto in piedi, posso danzare".

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