Giovedì 18 Aprile 2024

Quando D’Annunzio governava a Fiume I segreti del Vate nel romanzo di Barbero

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Medievista rigoroso e divulgatore appassionato di temi storici (ha iniziato con Super Quark, poi grazie ai podcast apocrifi delle sue conferenze è diventato l’idolo di milioni di giovani), fin dall’inizio della sua carriera Alessandro Barbero ci ha abituati a frequenti e fruttuose incursioni narrative, attorno o di lato alla Storia ufficiale. La prima volta, nel 1996 con il suo Bella vita e guerre altrui mr. Pyle, gentiluomo ambientato durante le guerre napoleoniche, fu subito Premio Strega. L’ultimo capitolo è invece la riedizione di un libro del 2003 che guarda a Gabriele D’Annunzio e si intitola Poeta al comando (Sellerio).

La storia è quella dell’avventura italiana a Fiume e nello specifico degli ultimi suoi giorni. Il poeta governa con mano eccentrica ed estro cosmopolita. Della Carta del Carnaro, costituzione tanto moderna quanto inattuata, già sapevamo, e così pure dell’astio di Giolitti e del voltagabbana di Benito Mussolini. Conoscevamo anche il carattere egocentrico ed esuberante del Vate in tutti i suoi più celebri tic. Bastava solo frullare tutto, e ovviamente saperlo fare, per ottenere un racconto avvincente.

Barbero poi sa quello che scrive, e c’è da esser certi che se D’Annunzio viene descritto tenere in mano un tale libro o mangiare un tale cibo, è la ricostruzione storica più fedele a parlare. Belle anche le pennellature sul carattere superstizioso e bambinesco del poeta, così come quel senso di sospensione che aleggia in quei giorni di resa dei conti sulla città e sui suoi notabili. Spoiler da quattro soldi: la città alla fine cadrà. D’altronde è un romanzo storico, non ucronico.

Fino a quel momento il racconto scivola con gusto, pagina dopo pagina. Chiuso il libro, resta solo un grande rimpianto, ed è che lo sguardo di Barbero sia rimasto un po’ troppo confinato nella camera da letto e sulle notti brave di D’Annunzio. Una ricostruzione fedele anch’essa, evidentemente. Ma di sicuro più d’un lettore avrebbe vagabondato volentieri lungo le strade fiumane anche di giorno, a cogliere il senso pieno e quotidiano di quell’esperienza controversa e ancora oggi incredibile che dev’essere stata la Repubblica del Carnaro.

Simone Arminio

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