Venerdì 19 Aprile 2024

Quando (anche) l'Italia aveva l'atomica

Negli anni Sessanta fra Verona e Pordenone furono dislocati sistemi missilistici segreti. Ora una delle basi diventa museo

Missile antiaereo MIM-14 (dal Percorso della Memoria Bunker Soratte)

Missile antiaereo MIM-14 (dal Percorso della Memoria Bunker Soratte)

Immaginiamo la scena: 1967, nei cieli dell’Austria si staglia un enorme stormo di bombardieri sovietici, diretto minacciosamente verso il confine italiano. Da un anonimo hangar nei dintorni di Pordenone fuoriesce una slitta con un grosso missile dal profilo aguzzo e spigoloso: dopo due ordini incrociati, uno americano e uno italiano, un ufficiale preme un bottone rosso, il razzo parte con la sua testa nucleare verso gli aerei nemici. Il missile viene seguito nel suo volo da un radar posizionato nell’area controllo; non appena esso raggiunge lo stormo sovietico viene azionato un altro pulsante.

Nel cielo azzurro sopra la sella di Dobbiaco divampa un’enorme esplosione nucleare che disintegra all’istante le decine di bombardieri con la stella rossa dipinta sulla carlinga. Un film? No: si era effettivamente pronti a questo scenario di guerra almeno fin dai primi anni ’60 quando, grazie agli accordi Italia-Usa, almeno sette delle dodici basi missilistiche disseminate tra il veronese e il pordenonese disponevano di testate nucleari con le quali contrastare un’invasione dall’Urss o dai paesi del Patto di Varsavia. Durante la Guerra Fredda, l’attacco poteva provenire non solo dalla Jugoslavia, paese dalla posizione non dichiarata, ma anche dall’Austria, che avrebbe potuto subire un’invasione dello spazio aereo.

In ognuna di queste basi italiane c’era del personale americano, soprattutto artiglieri, che si prendeva cura dei delicatissimi ordigni che sarebbero stati trasportati dai missili aria-superficie MIM-14 Nike Hercules, dalla gittata di 160 km. Il loro utilizzo doveva essere approvato in primis dagli americani e poi dall’Italia. Questi sistemi d’arma entrarono in servizio nel 1959 e furono prodotti in 25mila esemplari: potevano trasportare una testata nucleare W-31 da 2, 20 o 40 Kilotoni (quella di Hiroshima era da 16), oppure una carica da 280 kg di esplosivo che scagliava tutto intorno 20mila frammenti di acciaio da 140 grani.

I MIM-14 furono la principale arma antiaerea americana fino all’adozione del Patriot, verso la metà degli anni ‘80. Per l’epoca, il missile aveva prestazioni eccezionali, soprattutto in termini di gittata e di quota, tanto da oscurare la fama dei bombardieri stratosferici supersonici.

Di queste basi missilistiche ce ne erano 120 in tutta Europa e anche qualcuna in Corea del Sud; di quelle italiane tratta per la prima volta il recente libro dello storico militare Leonardo Malatesta Tuonando disintegro (Macchione editore) che prende il nome dal motto della base dislocata più in alto di tutte, non solo in Italia, ma probabilmente nel mondo. Era il 66° Gruppo IT di Monte Toraro dell’Aeronautica militare, attivo dal 1966 al 1977. La sua sede era a Tonezza del Cimone, comune montano in provincia di Vicenza, che aveva l’area controllo a Monte Toraro a 1897 metri e l’area-lancio a passo Coe a 1453 metri.

La vita lassù di quei nostri circa 350 militari, fra ufficiali, sottoufficiali e militari di leva (fra questi vi fu Fedele Confalonieri), era molto dura, soprattutto quando la neve rendeva impossibili i rifornimenti. Un inverno, dovettero rimanere isolati per ben diciassette giorni, quasi senza viveri. Giunsero i rifornimenti con l’elicottero ma, delusione, essi riguardavano pezzi di ricambio dei radar e non derrate alimentari.

Il Gruppo fu visitato nel 1965, sia dall’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti, ma anche dal padrone di casa, l’onorevole Mariano Rumor, il quale volle fortemente il gruppo insediato nel comune montano di Tonezza del Cimone che oggi sta musealizzando la base con la collaborazione scientifica di Leonardo Malatesta.

 

 

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