Mercoledì 16 Luglio 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Puccini è morto. Ma sta bene. L’errore che fece il giro del mondo

Nel febbraio 1921, mentre componeva “Turandot“, si diffuse la clamorosa “fake news“ sulla sua salute

La lettera inedita in cui Puccini rassicura un’ammiratrice all’indomani della notizia sulle sue precarie condizioni di salute. In alto a destra, la smentita pubblicata sul Corriere della Sera

La lettera inedita in cui Puccini rassicura un’ammiratrice all’indomani della notizia sulle sue precarie condizioni di salute. In alto a destra, la smentita pubblicata sul Corriere della Sera

Sessa

Correva l’anno 1921, ultimi giorni di febbraio: "Giacomo Puccini sta malissimo", "Puccini sta morendo". Incredibile, ma non vero. La notizia in un battibaleno fece il giro del mondo, rimbalzò dalla Vecchia Europa alle Americhe. Puccini con immenso travaglio era intento a comporre Turandot, l’ultima opera destinata a interrompersi con i funerali di Liù. Sarebbe morto tre anni dopo, il 29 novembre 1924 a Bruxelles per arresto cardiaco all’indomani di un intervento per cancro alla gola.

Il 23 febbraio 1921 Puccini si rivolse a Riccardo Schnabl, il suo amico più fidato: "Caro Riccardo. Sono afflitto da telegramma per la falsa notizia della mia malattia". A Ferruccio Giorgi, altro amico di lunga data, ex direttore dell’ufficio postale di Bagni di Lucca, l’indomani, Puccini scrisse: "I giornali mi hanno dato per malato, l’hai letto? Son dunque piovuti telegrammi da ogni parte! Solamente la casa Ricordi per rispondere ha speso 800 lire! Per fortuna nel corriere d’oggi c’è un trafiletto che metterà le cose a posto, dunque sto benissimo".

La parola “corriere” minuscola e sottolineata – Puccini si curava poco dell’ortografia – stava per Corriere della Sera, primo giornale italiano ieri come oggi per diffusione e numero di lettori. L’autorevole giornale quel giorno aveva pubblicato la rettifica alla “fake news”: diciannove righe nella rubrica Corriere Teatrale, “Puccini sta benissimo”, il titolo. Forse, un “po’ poino”, per dirla alla lucchese, lo spazio riservato al più rappresentativo ambasciatore di italianità dell’epoca. Puccini morì in anticipo per colpa di un refuso. E le Regie Poste, involontariamente, vi apposero il “timbro”. In quelle stesse ore finivano i giorni e le opere di Neri Tanfucio, pseudonimo “cinese” di Renato Fucini, autore delle Veglie di Neri (1882), cacciatore e amico di Puccini, per il quale nel 1896 aveva scritto Avanti Urania!, lirica composta in occasione dell’acquisto dello steamer “Queen Mary” da parte del conte Carlo Ginori Lisci.

Ma come era nato il funereo “equivoco”? Da Empoli – Fucini risiedeva nei dintorni, a Dianella – il corrispondente di un giornale romano per telegramma lanciò la notizia dell’imminente dipartita dello scrittore nativo di Monterotondo Marittimo. Ma dettando invece che Fucini gli scappò di bocca Puccini. L’impiegato postale non battè ciglio, trascrisse il messaggio. E la “bufala” spiccò il volo.

Fresco di morte presunta, il 25 febbraio, in una lettera inedita che qui si pubblica, Puccini rassicurò un’ammiratrice. "Egregia Signora Vanner. Ben mi ricordo di Lei. La ringrazio per l’interessamento che ha preso per me. Ieri apparve su Corriere la smentita coll’equivoco delle consonanti Fucini Puccini. Si dice che le notizie di questo genere portino fortuna. Speriamolo". Recitati i debiti scongiuri il giorno seguente Puccini si sfogò con il conte Giuseppe della Gherardesca: "Caro Beppino la pioggia di telegrammi: piovuta da ogni parte america francia inghilterra etc etc è stata copiosa e casa Ricordi ha dovuto spendere in risposte circa 800 lire. Mi danno anche per morto alcuni. Bene. Questo dicono allunga la vita e accetto l’augurio".

Curioso oggi constatare che la sottovalutazione dell’incresciosa vicenda perduri, sia, per così dire, dura a morire... Incredibile, ma vero. Un’“assenza” presente in una meritoria e attesa iniziativa editoriale, un’ampia antologia di articoli con regesto completo dell’uscito: Giacomo Puccini e il Corriere della Sera (1883-1926). Gran parte degli articoli sono lunghi e dettagliati resoconti delle opere date o in preparazione. Nella pubblicazione, oltre 700 pagine, le 19 righe della smentita non sono state ripubblicate e il titolo “Puccini sta benissimo” solo riportato nell’elenco. Ma della vicenda non c’è il minimo accenno nelle prefazioni alle cinque sezioni di cui consta il volume, prezzo di copertina 65 euro. Un volume nato dalla collaborazione tra la Fondazione Corriere della Sera e il Centro studi Giacomo Puccini di Lucca. Evidentemente, si è ritenuto di non pubblicare una rettifica così importante, peraltro per rimediare ad altrui errore.

La falsa morte di Puccini avrebbe meritato maggiore considerazione. Si dava il caso che Puccini in quel mentre fosse in tormento creativo per Turandot, l’opera che non sarebbe riuscito a portare a compimento, di cui l’anno prossimo cadrà il centenario della “prima“ alla Scala. Il 30 ottobre 1921 Puccini scrisse a Renato Simoni, penna eccelsa del Corriere della Sera e librettista con Giuseppe Adami dell’opera destinata a restare incompiuta. Puccini si lamentò per una recensione “scipita” al Trittico andato in scena a Bologna apparsa sul giornale di via Solferino. Mestamente concluse: "Ma io sul Corriere non sono né sarò mai fortunato. Pazienza".