Mercoledì 24 Aprile 2024

Profumo di mito, tra gli oggetti di Gassman

A Roma una mostra celebra il Mattatore con costumi di scena, icone dei film ed effetti personali: "Una storia viva, come l’avrebbe voluta papà"

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di Beatrice

Bertuccioli

Da molti anni quel cavallo di legno realizzato da Mario Ceroli per il Riccardo III di Shakespeare, regia di Luca Ronconi, non un semplice elemento scenico ma un’opera d’arte, era custodito in casa dalla moglie di Gassman, Diletta D’Andrea. Ora lo si può ammirare nella mostra dedicata a Vittorio Gassman nel centenario della nascita, aperta da oggi al 29 giugno negli spazi espositivi dell’Auditorium Parco della Musica. E dopo Roma, prima di viaggiare anche all’estero, da Parigi a New York e altrove, approderà al Palazzo Ducale di Genova, città dove Gassman era nato il 1° settembre del 1922, per poi trasferirsi a soli cinque anni a Roma, dove ha quindi sempre vissuto e dove è morto il 29 giugno 2000.

Impresa ardua restituire con una mostra la personalità dirompente di un uomo colto e affascinante, di un attore carismatico ed eclettico, mattatore in ogni ambito in cui si sia avventurato, dal teatro al cinema alla tv alla letteratura allo sport, un protagonista del Novecento che amava cambiare registro, passare dal classico allo sperimentale al popolare. Per questa mostra, dal titolo Vittorio Gassman – Il Centenario, Alessandro Gassmann si dice "onorato e commosso": "È come l’avrebbe voluta mio padre, non funerea ma vitale, piena di quella energia fuori dal comune – sottolinea – che lui possedeva. Una mostra completa e importante per far scoprire alle giovanissime generazioni Vittorio Gassman e quella generazione che dopo la seconda guerra mondiale aveva saputo rilanciare il paese attraverso il cinema, il teatro, la letteratura".

E commuove Diletta D’Andrea con le parole d’amore per il suo Vittorio: "Ringrazio tutti coloro che hanno permesso questa mostra. E voglio ringraziare mio marito per la meravigliosa vita che mi ha dato vivendo vicino a lui. Per oltre trent’anni è stata una vita meravigliosa, nel bene e nel male, nelle liti e nelle gioie. Quando se n’è andato, devo dire che in realtà non se n’è andato mai, che è ancora qui con me, io lo sento. Perché non è che uno se ne va per sempre, è un’energia che si trasforma e questa energia, presto, ci unirà di nuovo".

Nei mille metri quadrati dell’esposizione si ripercorrono la sua vita e la sua straordinaria carriera attraverso moltissimo materiale, in parte inedito. Foto, filmati, copioni, costumi che, suddivisi in quattro sezioni (teatro, cinema, letteratura e televisione), raccontano il Gassman grande artista e anche il Gassman valente sportivo, il padre affettuoso di quattro figli avuti da quattro mogli diverse. E proprio l’ultima, Diletta, ha fornito moltissimo materiale tra cui le tante foto degli spettacoli che lei stessa aveva realizzato come fotografa di scena seguendo il marito nelle tournée teatrali. Un’attività intensa e varia che spaziava da Shakespeare a Pasolini, da un Otello e un Macbeth di cui si possono vedere anche i costumi ad Affabulazione a un’impresa giocosa e ribalda come Sette giorni all’asta, lui sotto un tendone a tirare fuori da un baule, ora ereditato da Alessandro, le sue infinite magie. E ancora Kean e i versi della Divina Commedia.

Un gigante anche in cinema, con una carriera lunga 130 film e costellata di premi. Ed è lì, a chiudere questa sezione e a ricordare uno dei capolavori di cui è stato protagonista, la mitica Lancia Aurelia B24S, lucente e bellissima, prestata dal signor Adalberto Beribè da Macerata, che la osserva orgoglioso mentre sul fondo della sala scorrono le immagini del Sorpasso, il film di Dino Risi che compie sessant’anni. C’è il copione di un altro capolavoro, con il titolo Avventura Italiana battuto a macchina mentre appare in corsivo scritto a penna quello poi definitivo, C’eravamo tanto amati, di Ettore Scola. C’è il suo costume nel film di Mario Monicelli L’armata Brancaleone e in quello di Valerio Zurlini, Il deserto dei tartari. E c’è, ancora, la sua macchina da scrivere, lui che i versi amava leggerli e comporli, perché "la poesia può diventare consolazione, un porto sicuro in cui rifugiare l’io per non perdersi".

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