"Porto in scena il lato segreto del cellulare"

Paolo Genovese a teatro con “Perfetti sconosciuti“, il suo film da record: "L’ossessione per gli smartphone è cresciuta e siamo più soli"

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di Giovanni Bogani

Perfetti sconosciuti debutta a teatro. Dal film diventato “cult“ in tutto il mondo, del quale hanno fatto il remake in venticinque Paesi (dalla Russia alla Cina, l’ultimo in ordine di tempo è la Danimarca) – è il film italiano più “imitato“ nel mondo – adesso arriva una pièce teatrale. Scritta dallo stesso autore del film, Paolo Genovese. Che incontriamo al festival Cortinametraggio, la più importante rassegna italiana di corti, che si svolge in questi giorni a Cortina d’Ampezzo.

Quali differenze ci saranno fra il film e lo spettacolo a teatro?

"La storia è quella: una serie di sorprese, rivelazioni, segreti scomodi, colpi di scena che affiorano dai messaggi del telefonino. Ma teatro e cinema sono mezzi espressivi così diversi da richiedere una grande attenzione nel passaggio. Perfetti sconosciuti è diventato, a teatro, come un unico piano sequenza, nel quale gli attori sono costantemente in scena".

Lo smartphone è un’appendice del nostro corpo. Lei, che ha fatto un film su questa ossessione, che cosa ne pensa?

"Penso che questa ossessione sia cresciuta ancora. Da quando ho fatto il film, nel 2016, a ora la nostra dipendenza dagli smartphone è cresciuta. Ne facciamo un uso sempre più patologico. Non vorrei essere frainteso: non sono contro l’uso del telefonino, sarebbe assurdo. Sono contro il suo uso eccessivo, ossessivo, divorante".

La nostra vita si nasconde dentro quello schermo?

"È una vita non reale; è la nostra vita su Instagram, sui social. Ci mostriamo diversi da ciò che siamo. Lo smartphone, e i social, ci hanno cambiati in questo senso: abbiamo bisogno di far vedere che si sta bene, che abbiamo successo, benessere, che facciamo viaggi meravigliosi, che abbiamo amici meravigliosi. Dagli altri, la vita falsa viene scambiata per vita vera".

Con quali conseguenze?

"Che si crea competititività, che nascono sentimenti negativi. Guardiamo queste vite perfette e sconosciute e ci sentiamo più soli, più infelici, più incompiuti. E cresce l’odio. Dai telefonini ai social si scatenano gli haters. In questi anni sono nati gli haters, gli ‘odiatori’. Non ci sono i lovers. È nata una società dell’odiare. E di questo odio subiremo le conseguenze".

Perfetti sconosciuti è la sua prima regia teatrale. Come ha lavorato su scenografia, musiche, gesti? Come visualizzeremo i messaggi?

"Per il mio debutto a teatro, volevo portare la verità cinematografica sul palco. E dunque niente schermi, niente proiezioni, e una scenografia del tutto realistica: una casa vera e vissuta nella quale gli attori, in scena, cucinano davvero. E alla fine tutti mangiano quello che è stato cucinato".

Da mercoledì Perfetti sconosciuti sarà al Teatro della Pergola di Firenze. Poi?

"Poi a Roma, all’Ambra Jovinelli dal 12 al 23 aprile, e a Napoli dal 26 aprile al 7 maggio, per toccare la Sicilia. La cosa stupefacente è che ogni data sta facendo sold out, in tutte le piazze. Significa che lo spettacolo affronta una tematica con la quale sentiamo il bisogno di confrontarci".

Chi ci sarà in scena? Quali sono stati i criteri di scelta, rispetto al cast del film?

"Ho scelto attori con i quali mi sento in grande sintonia, non necessariamente ‘simili’, fisicamente, a quelli del film. Per dire, il personaggio che nel film veniva interpretato da Valerio Mastandrea, a teatro è interpretato da Dino Abbrescia; il personaggio che era di Kasja Smutniak è interpretato da Valeria Solarino. Paolo Calabresi interpreta il personaggio che era di Marco Giallini. Massimo De Lorenzo interpreta il ruolo che era di Battiston; poi ci sono Anna Ferzetti, Marco Bonini e la giovane Alice Bertini".

Da Immaturi a Tutta colpa di Freud, da Supereroi a Il primo giorno della mia vita, passando da Perfetti sconosciuti. Qual è il centro di tutte queste storie?

"Forse la ricerca del senso della vita. Dare un senso al fatto che stiamo qui, per poche decine di anni: mi chiedo per cosa valga la pena soffrire, gioire, agire. Mi incuriosisce l’animo umano, che ritengo indecifrabile. Mi incuriosisce il contatto con l’assoluto, con il divino. Con il destino. Con le seconde possibilità. Ecco ciò che mi appassiona, mi spinge a raccontare".

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