Lunedì 22 Aprile 2024

"Politici impresentabili tra egoismi e paure. Ma senzadubbiamente c’è un’Italia migliore"

Antonio Albanese: "Nel sequel di “Come un gatto in tangenziale“ c’è un’idea portante: con la cultura si mangia, uno spettacolo fa vivere meglio"

Albanese con le gemelle Giudicessa

Albanese con le gemelle Giudicessa

Roma, 22 agosto 2021 - Antonio Albanese, cosa vi ha spinto a girare “Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto“, sequel del primo “Gatto“?

"Quando un film funziona, fare il seguito è un rischio. Hai la paura di non bissare il successo o addirittura annullarlo. A Paola (Cortellesi, ndr) e Riccardo (Milani, il regista, ndr) dicevo che bisognava aspettare di avere un’idea. E l’idea è venuta quando Riccardo è andato in visita a un oratorio di Milano, e lì ha conosciuto un prete fantastico a cui si sono ispirati per la figura del sacerdote interpretato da Luca Argentero".

Nel film il prete deve chiudere la sua mensa improvvisata perché i vicini di quartiere lo denunciano all’Asl. Una fotografia di ciò che spesso avviene nelle guerre tra poveri...

"Purtroppo esistono vari egoismi, o forse non si ha la possibilità di capire. Ognuno pensa alla propria comodità. Spesso un certo tipo di comunità si sente abbandonata e da lì nasce la diffidenza. Eppure con il Covid abbiamo dimostrato di essere un Paese disponibilissimo ad abbracciare gli altri, non saranno qualche migliaia di no vax a vanificare tutto questo".

Nel film viene sottolineato il dualismo Milano-Roma. Il suo personaggio, Giovanni, professa l’amore per Milano, mentre quello di Monica (Paola Cortellesi) per Roma...

"Io amo profondamente Milano, una città che mi ha dato moltissimo. Non potevo frequentare le scuole di teatro private, ma sono riuscito a entrare alla scuola civica Paolo Grassi con 400mila lire. Milano non è mai in ritardo, è sempre attenta alle nuove idee".

È vero che per frequentare la scuola ha venduto tutto quello che aveva?

"Facevo l’operaio metalmeccanico ma avevo un grande amore per il teatro. Allora ho venduto il mio sax contralto per 900mila lire, e a un mio amico un’Audi di dodicesima mano. Grazie a quei ricavati ho potuto pagarmi l’affitto per due anni".

Nel film si sottolinea un concetto: con la cultura si mangia...

"C’è un immaginario che vuole nasconderlo, ma è così. Uno spettacolo teatrale ti fa vivere meglio, ed è un guadagno. È un investimento mentale. Sa cosa mi disse una volta un piccolo industriale di Lecco che faceva macchine per trafilerie? (Lo racconta in dialetto, ndr) “Quando vedo uno che mi fa ridere, anche io penso a cose diverse. Se vedo un matto divento anche io un po’ matto, e comincio a fantasticare“. Aveva capito che fantasticare lo aiutava. Io stimo moltissimo gli industriali, gente che col lavoro permette alle persone di mantenersi, di farsi una famiglia. Gli industriali sono degli intellettuali".

Perego è il suo personaggio preferito...

"I miei personaggi li amo un po’ tutti, meno uno: Cetto Laqualunque. Quando lo interpreto, nonostante l’abbia portato al cinema nella trilogia Qualunquemente, Tutto tutto niente niente e Cetto c’è, senzadubbiamente, mi vergogno. Cetto è omofobo, terribile, spaventoso. È la realtà, non è fiction. Nasce dall’osservazione dei piccoli politici di provincia. A parte l’accento, ne esistono a Bari, Palermo, così come a Bergamo, Torino o Venezia".

Cosa si può fare per cercare di redimerli?

"Non si può fare niente. L’unica cosa che si può fare è andare da un fabbro, ma uno bello robusto, che con un colpo secco...".

Un’altra sua grande invenzione è stata il Ministro della Paura. Esistono ancora i Ministri della Paura?

"Ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Tutti noi, a volte, lo diventiamo. Una volta in spiaggia ho sentito una mamma minacciare il figlio: “Se non la smetti ti faccio la doccia con gli occhi aperti“. Ma i più malvagi ne approfittano, trasmettono la paura per poter agire più liberamente".

Ultimamente ha puntato la sua attenzione sui magistrati...

"Quando ero piccolo non se ne vedeva uno. Adesso li trovi ai talk show, ai varietà, scrivono un libro ogni sei mesi. Ma come fanno? Dove trovano il tempo? Si dice che ci sia carenza di magistrati, e allora? Sto pensando a un personaggio, un magistrato che scrive un libro ogni settimana...".

Per fortuna pare che la moda degli chef stia passando...

"Ma cosa dice? Scherza? Non calerà mai! Abbiamo visto chef che parlavano di materie prime a chilometro zero e poi facevano la pubblicità ai grassi saturi. Poi arrivano i fondi che comprano il nome, e aprono 23 ristoranti dove il cuoco non c’è mai. Io amo la cucina, la cucina è un’arte. Ma quando diventa un giochino fine a se stesso perde la sacralità".

Il “Gatto“ appartiene al filone della commedia all’italiana?

"Non saprei dire, forse perché è girato in Italia. Al lago Balaton, in Ungheria, dovevi stare attento e chinare la testa al momento giusto perché c’erano i tedeschi dell’Est che tiravano le bottiglie di birra. Così, per divertirsi. Il “Gatto“ è universale".

 

 

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