Martedì 15 Luglio 2025
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Pif sempre in prima linea: "La mafia di Riina ha perso. Ma quella culturale è viva"

L’autore e regista premiato al Sardegna Filming Italy festival. "L’unica soluzione è tornare nelle strade: lo deve fare la politica, lo devono fare tutti"

Pif, 53 anni, premiato ieri al Sardegna Filming Italy festival

Pif, 53 anni, premiato ieri al Sardegna Filming Italy festival

Roma, 21 giugno 2025 – La tv usata in modo nuovo, la telecamera più piccola possibile, per entrare negli angoli più segreti, quelli più veri, più intimi, nell’anima delle persone. Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, figlio di un regista e di una maestra di scuola elementare, è uno degli uomini che hanno cambiato la televisione italiana. Poi si è dato al cinema (regista di successo fin dal debutto con La mafia uccide solo d’estate, 2013), e alla scrittura di romanzi. Mezzi diversi, linguaggi diversi, per raccontare la vita. E denunciare le ingiustizie. Ieri Pif, nato a Palermo 53 anni fa, è stato premiato con il Filming Italy Award al Sardegna Filming Italy festival al Forte Village resort.

Pierfrancesco, come è cambiata oggi la tv? Quale tipo di tv la appassiona?

"Lo confesso: vedo poca televisione. Sono diventato papà, a 48 anni, e le mie energie non bastano neanche a correre nei parchi con mia figlia Emilia, cinque anni. Sono felice della mia paternità, ma il mal di schiena arriva con una velocità fulminante. Un giorno ho giocato con lei in un parco, e mi è sembrato di aver fatto la guerra".

La mancata partecipazione al voto del referendum la ha delusa molto?

"Moltissimo. Quando la seconda carica dello Stato invita a non votare, è drammatico: è l’inizio della fine della democrazia".

Non è che anche la gente sta iniziando a non crederci?

"Io, se fossi il segretario di un partito, penserei solo a fare cose fuori dal Parlamento. Fare delle cose, aprire delle sezioni nei posti più difficili della città. Ad affrontare problemi concreti, disservizi, bollette, tasse. La politica vera è andare tra la gente. E credo che tornerebbero i voti nelle urne".

Lei è agnostico. Ma recentemente si è avvicinato alla religione, visitando a Trieste i migranti dell’Est europa, e i volontari cattolici che li assistono.

"I migranti dell’Est fanno ancora più impressione, perché arrivano, fanno richiesta di asilo e vivono per mesi in un limbo. Lo Stato italiano reagisce facendo nulla, come se non esistessero. Se credi in Cristo, questo è gravissimo. E poi è un pericolo: c’è una bomba innescata, una popolazione in mano alla criminalità organizzata. Quando vedi una piazza piena di gente, signore borghesi che curano i piedi o offrono da mangiare ai migranti, penso: questo è Cristo. Essere cristiani non è avere una immagine della Madonna: è sporcarsi le mani, fare, aiutare. Quando vedo quei volontari, dico: ecco cos’è Cristo".

Nella tv, quanto è importante mettere l’attenzione sui temi sociali?

"Per me è fondamentale. E per quello che mi riguarda, è fondamentale farlo con umorismo: è il mio modo di trattare i temi che mi fanno indignare. Ma è importante dire che cosa non va. Se sposti il paletto della tua indignazione, questo si sposterà sempre più. E si arriva al momento che non ti sarà più concesso indignarti".

A che cosa sta lavorando adesso?

"Girerò un film tratto da un mio libro, La disperata ricerca d’amore di un povero idiota".

Come vive le tensioni di guerra che stanno oggi più che mai attraversando il mondo?

"Sono disperato come la maggior parte delle persone, credo. Il grande equivoco della mia generazione è che pensavamo che la democrazia fosse scontata, che la guerra fosse qualcosa appartenente al passato, che il Muro di Berlino fosse l’ultimo. Abbiamo dato per scontate certe conquiste".

La mafia è forte come prima?

"Quella corleonese, quella di Totò Riina, ha perso. Ma la mafia culturale sopravvive. Un mafioso intercettato ha detto: “Ormai siamo come dei ladruncoli“. Ma la ‘Ndrangheta è molto più forte, per esempio. E l’unica soluzione è tornare nelle strade: da parte della politica, da parte di tutti".