Piero Angela: "La mia fede è la scienza, contro l'oscurantismo"

Il signor Superquark festeggia i 90 anni a ritmo di jazz. "Se ho un segreto? Buoni geni e una vita sobria. Il rigore è tutto"

Milano, 16 dicembre 2018 - Una puntata di Superquark dovrebbe dedicarla a se stesso. Il 22 dicembre Piero Angela compie 90 anni. Coooosa? Novanta. 

Come si fa ad arrivare alla sua età in una condizione così brillante? Qual è il segreto? «Nessun trucco, bisogna avere dei buoni geni trasmessi dai genitori. E poi non lasciarsi andare a eccessi. Io oltretutto non fumo e non bevo».

Ha detto che sta lavorando a un disco... «Ho trascorsi giovanili di studi pianistici, e una passione per il jazz, sempre da amatore. Da tempo mi sto addestrando, però sono molto autocritico e non se lo farò davvero...».

Lai ha cominciato a lavorare come giornalista «quasi per caso». Cosa intende? «Avevo un amico che lavorava al giornale radio, a Torino, e mi aveva chiesto di fare la consulenza per un documentario musicale. Così ho cominciato con queste collaborazioni. Poi hanno allargato la redazione e mi hanno chiesto di fare delle prove da radiocronista. Le prove sono andate bene e dopo qualche mese abbiamo cominciato a realizzare dei piccoli servizietti. La cosa è andata avanti...».

Mi racconta di quando l’hanno arrestata in Iraq? «Eravamo andati in Iraq all’epoca della guerra dei Sei Giorni. C’era grande fermento in tutti i Paesi arabi. Eravamo andati per realizzare un servizio sul petrolio. Avevamo cercato di filmare da lontano una raffineria e ci hanno preso per delle spie. È arrivata la polizia, ci hanno arrestato e portato prima al commissariato poi in una prigione. Ci siamo trovati in una grande gabbia con una quindicina di personaggi poco raccomandabili. Allora, rivolgendomi all’operatore e al fonico, ho detto loro: “Stasera ci leghiamo schiena contro schiena perché qui non si sa mai...”. Per fortuna a mezzanotte è arrivato un capitano dei servizi segreti che parlava l’inglese, cosa che allora non era comune. Abbiamo spiegato tutto e ci hanno rilasciato».

Quale è l’invenzione più straordinaria dell’umanità? «Certamente la ruota. Ma molto più importante della ruota è stato il modo di far girare la ruota. A partire da quel momento, nell’800, hanno cominciato a girare le fabbriche, i trasporti, il mondo è cambiato. La produttività è balzata alle stelle. L’economia ha subito un’accelerazione che continua ancora oggi. Dall’analfabetismo di massa si è passati alla scuola di massa, anche all’università di massa. Nell’800 il 70% degli italiani erano impiegati nei campi per produrre cibo per tutti, oggi siamo al 4%, in America meno dell’1%. Le ruote, quando girano, hanno modificato il mondo. Se vuole però c’è la definizione più divertente di Luciano De Crescenzo, secondo cui l’invenzione più grande è stata l’anestesia».

A proposito delle invenzioni, la fantascienza degli anni ’60 e ’70 prevedeva molte cose straordinarie, come auto volanti, la colonizzazione della Luna, la conquista di intere galassie. Ma nessun scrittore aveva previsto né gli smartphone né i pc, che hanno davvero rivoluzionato la nostra vita. È difficile immaginare dove andremo? «Il più grande autore di fantascienza dell’800, Giulio Verne, ha scritto di sottomarini, del viaggio sulla Luna, eccetera, però questo futuro era solo il prolungamento di cose già esistenti. Ma né lui né altri hanno potuto prevedere la televisione, la radio, i computer, che hanno cambiato il mondo. Anche noi, a nostra volta, non abbiamo la possibilità di immaginare gli sviluppi della scienza. L’importante è stare sempre sulla linea di confine e guardare oltre la collina».

Oggi assistiamo a una specie di oscurantismo di ritorno, cresce l’ostilità nei confronti della scienza, dall’opposizione ai vaccini a quella contro la Tav. C’è voglia di fermare il progresso. Come lo spiega? «Purtroppo questo è legato a una mancanza di cultura scientifica nel nostro Paese, di cui soffrono anche gli intellettuali che non si sono mai occupati di scienza e nemmeno del ruolo che la scienza ha, attraverso la tecnologia, sull’economia. Una tradizione che si riflette anche nella scuola, dove si insegna molto il passato e poco il presente. Possiamo vivere in un mondo democratico perché senza conoscenza e senza mezzi di comunicazione non può esistere la democrazia. Chi rinuncia alla scienza e ai suoi metodi rigorosi si rifugia nel pensiero magico, pensando che ci siano sempre soluzioni semplici per problemi complessi. Purtroppo avviene anche in economia».

Lei è favorevole o contrario alla Tav? «Io sono torinese. Si figuri che già quando ero bambino si diceva: bisogna fare il collegamento Torino-Lione, e allora le cose andranno meglio. È passato un po’ di tempo, ma siamo ancora lì».

A proposito di bambino: a scuola come andava? «La scuola non mi interessava molto. Facevo il minimo per essere promosso».

Le giovani generazioni conoscono forse meglio suo figlio Alberto che non lei stesso. È geloso? «Per carità! Ogni padre è ben lieto del successo del proprio figlio, purché non sia troppo, perché può essere dannoso».

Lei si è dichiarato favorevole a incrementare l’insegnamento della musica nelle scuole... «Non tanto direttamente nelle scuole, ma negli edifici scolastici al di fuori dell’orario didattico. Il sabato e la domenica chi vuole potrebbe usare le aule per impratichirsi, soprattutto formando gruppi. Perché suonare insieme è fondamentale, ognuno è molto più motivato. La musica è importante, ma anche la letteratura, il cinema, la poesia, la pittura. Fanno parte delle espressioni creative dell’uomo. Fare musica è più importante che ascoltarla soltanto».

La fuga dei cervelli italiani all’estero si può fermare? «È bene che i laureati vadano all’estero a fare esperienze, ma l’importante è che poi rientrino. Non è la partenza il problema, ma il ritorno. Bisogna investire di più in conoscenza».