
Nel 2010 il pellegrinaggio della cantautrice a Blanes, in Catalogna, nella casa dello scrittore cileno (morto nel 2003)
Blanes è considerata la porta della Costa Brava. Si trova a una sessantina di chilometri a Nord di Barcellona. Lì c’era (e forse c’è ancora) un negozio di bigiotteria che diventò un pensatoio. Un pensatoio intimo, molto personale. Lì Roberto Bolaño prima che diventasse per tutti quel Roberto Bolaño, aiutava la moglie Carolina, la titolare del negozio. Una delle tante occupazioni che aveva scelto per tirare avanti. A Blanes un giorno – ma molto dopo la sua morte (avvenuta nel 2003) – arrivò anche una rockstar, anzi la sacerdotessa del rock, che aveva smesso da anni i panni di poetessa, dai giorni del Chelsea Hotel, ma che non aveva mai abbandonato la poesia. Nemmeno nei suoi concerti. Nemmeno nelle sue amicizie: forti e solide con Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso.
Patti Smith s’imbatté, quasi per caso, in Bolaño. Accadde durante le vacanze di Natale a ridosso dell’inizio della seconda decade del Nuovo Millennio. Aveva da poco letto I detective selvaggi e voleva assolutamente leggere 2666. Chiese al suo agente di rintracciare quel libro il prima possibile. Un libro ponderoso nel numero delle pagine (e non solo). Un libro che iniziò a diventare un compagno di viaggio. Prima lo depositò sul comodino, poi poco prima di addormentarsi lo posava sul pavimento per ritrovarlo al mattino al risveglio. Infine, se lo portava dietro da ogni parte andasse, anche in tour. Così capitava che lo lasciasse per qualche istante di fianco a una tazza fumante di caffè americano nelle sue mattine a New York. O che lo tenesse nella stanza d’albergo. Un’ossessione. Che la spinse ad andare fino a Blanes.
L’infrarealismo, che è la corrente letteraria di Bolaño, è fatta di discussioni ma anche di passeggiate (come raccontano d’altronde i suoi libri). Si cammina. Ci si muove, si viaggia anche: le coordinate di vita dello stesso Bolaño e del suo alter ego letterario Arturo Belano (il nome di battesimo è ispirato a Rimbaud) spaziano dal Cile dove è nato, al Messico dove è vissuto fino alla Spagna dove si è rifugiato.
Tutto accadde così velocemente una cinquantina d’anni fa in Messico (tra giugno e dicembre 1975) che per quel gruppo di scrittori più camminatori (e un certo senso esploratori) che flaneur, ci si ritrova in questo 2025 a festeggiare anche i 50 anni dell’infrarealismo. E così nelle ultime settimane è stato pubblicato in Italia, da Adelphi, la raccolta di racconti (ci sono anche gli inediti) di Bolaño. E qui, per quanto possa sembrare paradossale, s’incrociano ancora le strade di Patti Smith e dello scrittore cileno. E anche in questo caso c’entrano le passeggiate. O meglio i pellegrinaggi. Il pellegrinaggio nei luoghi degli scrittori o dei poeti non sono solo atti di devozione. È una questione soprattutto di affinità elettive. Patti arrivò fino in Francia per vedere dove aveva vissuto Arthur Rimbaud e decise di comprare quella casa appena ristrutturata. Qualcosa di simile ha fatto con Bolaño. In una triangolazione letteraria perfetta: in 2666 c’è una citazione (con dedica) di Baudelaire. Come Rimbaud nel pantheon letterario di entrambi, di Roberto e Patti.
Nel 2010 la cantante era in Spagna per una mostra e si convinse che era il momento giusto per arrivare in Catalogna, a Blanes, fino alla casa di Bolaño. Entrò nel suo studio e vide un computer e una sedia. Avrebbe potuto immortalare il computer, ma lei si aspettava di trovare invece una macchina per scrivere. Il computer lo considerò un oggetto troppo gelido, glaciale, così poco romantico per rendere quel rapporto letterario che si era instaurato tra lei e Bolaño dopo aver letto i suoi libri. E così rivolse l’obiettivo della sua Polaroid alla sedia, “Bolaño’s chair“, la sedia (con l’articolo determinativo) di Bolaño, la sua preferita, quella da cui non avrebbe mai voluto separarsi. Quella in cui si sedeva per scrivere. Ma anche per pensare. Un intreccio di legno e vimini.
Eppure quel computer gelido che non attirò l’attenzione di Patti Smith era invece lo scrigno di Bolaño. Dentro l’hard disk c’erano i racconti, talvolta anche in bozza, che hanno preso vita e forma in questa raccolta appena pubblicata. La cantante, con 2666 sullo sfondo, aveva dedicato anche il poemetto Hecatomb allo scrittore che non ha mai conosciuto e che avrebbe voluto conoscere. Lui che anche quando scriveva non smetteva di ascoltare musica.
Una decina di anni fa Spotify pubblicò la sua playlist: non c’era Patti Smith, ma in compenso c’erano Bob Dylan, Lou Reed e perfino Domenico Modugno. Ma l’allineamento musical-letterario era già avvenuto: nel 2010 la cantante, in tour in Spagna, invitò sul palco il figlio di Bolaño a suonare la chitarra. E dedicò allo scrittore la toccante Black Leaves. Era così tenera quella notte.