Parigi fatale, eterna capitale dell’Eros

Ecco la storia peccaminosa della metropoli. Con le disinvolte “Lorettes”, amate da Dumas e Pissarro, e le lussuose “maisons closes”

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di Giovanni Serafini

"Questa città è fatta apposta per stordirmi. La prima visione che ha messo in crisi la mia virtù è stata quella di una magnifica donna vestita di velluto e seta nera che scendendo dalla carrozza mi ha lasciato vedere le gambe e il corpo fino all’ombelico". Così scrive Eugène Delacroix, il romantico per eccellenza della pittura francese, in una lettera a George Sand.

Siamo nella prima metà dell’Ottocento: Parigi è già la capitale dell’amore, la metropoli che per oltre un secolo esibirà agli occhi del mondo il fascino della voluttà, dell’erotismo e del proibito. Tutto è sensuale, anche l’aria, al punto che le dame galanti si profumano con la “Parisine”, sedicente emanazione di effluvi cittadini con presunte proprietà afrodisiache (Yves Saint-Laurent riprenderà l’idea con la “Parisienne”, l’acqua di colonia per la donna "che sa vivere e amare senza attendere")…

Un libro dello storico Dominique Kalifa ci conduce per mano alla scoperta della metropoli peccaminosa. S’intitola Paris, une histoire érotique, è un viaggio lungo il filo dei decenni alla ricerca di luoghi e personaggi, aneddoti e avventure piccanti. "La città più sensuale del pianeta ha un nome, Parigi. La sua unica rivale, Venezia, non riesce a detronizzarla", commenta Kalifa.

È la storia della conquista degli spazi pubblici da parte delle donne, dei luoghi in cui s’incrociano gli sguardi e si accelera il battito del cuore, delle camerette al sesto piano, dei saloni privati, dei ristoranti con i loro séparés, dei music-hall, dei Palaces e degli alberghetti in cui si consumano ore febbrili ed esaltanti. L’amore e il sesso sono ovunque: Aragon riesce ad individuarlo perfino "tra le gambe aperte della Tour Eiffel che lasciano intravvedere un sesso femminile".

Rabelais ricorda in Gargantua che esiste un legame preciso fra il nome Lutezia (la città romana da cui nacque Parigi) e il termine greco "lekops" che indica le cosce bianche delle cittadine. "S’incontrano belle ragazze dappertutto – scrive Baudelaire alla madre nel 1847 – ma il luogo che preferisco è il Louvre perché è ben riscaldato e ci sono tante studentesse che copiano i quadri e aspettano solo di essere corteggiate". Alcuni sono molto sfortunati: "Parigi è piena di donne ma non ce n’è mai una libera, arrivo sempre troppo tardi", lamenta Jules Romains. Ad altri invece va benissimo: il giovane Léon Blum, futuro presidente del Consiglio, racconta che la sua tecnica era seguire una bella passante ovunque andasse, per ore; e capitava che con qualcuna la passeggiata si concludesse in una camera d’albergo.

La mappa della Parigi erotica è senza fine: ci sono i “passages” di Palais Royal in cui si affollano prostitute discinte; c’è il quartiere della “nuova Atene” fra la Borsa e la Gare Saint-Lazare in cui abbondano le “Lorettes”, disinvolte ragazze che abitano nei pressi della chiesa Notre-Dame de Lorette e si concedono in cambio di poco, anche solo di un pranzo, come le “midinettes” (termine che viene da “mi-diner”, mezza cena). Artisti e intellettuali squattrinati guarda caso vanno a stabilirsi proprio lì, da Balzac a Dumas, da Chopin ai fratelli Goncourt, da Zola a Pissarro…

Con l’avvento del barone Haussmann, che cambia la faccia di Parigi abbattendo i quartieri operai e aprendo le grandi arterie che s’irradiano dall’Etoile, cambia anche la mappa degli appuntamenti erotici: si privilegiano i grandi boulevards, la Madeleine, l’Opéra, i music-hall, i café-concert, le brasseries (alcune delle quali riservate alle donne) e ovviamente le “maisons closes”, le case chiuse, alcune delle quali lussuosissime (“Le Sphinx”, “Le Chabanais”, “Les Belles Poules”), frequentate da principi e regnanti di mezza Europa.

Ma il più sensuale dei ritrovi, secondo Kalifa, è il “fiacre”, la carrozza-taxi in cui rifugiarsi con la donna amata: si abbassano le tendine diventando invisibili alla folla, si dice al cocchiere di procedere senza meta e ci si lascia andare nel più voluttuoso dei percorsi. Come accadde a Madame Bovary, che proprio in “fiacre” si abbandonò al primo amplesso del suo amante Léon.

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