Giovedì 25 Aprile 2024

Il lato oscuro della lotta per proteggere i panda

Da qualche anno la conservazione dei panda sta dando buoni frutti. Ma secondo alcuni ecologisti non è tutto oro quello che luccica

Un cucciolo di panda (Ansa)

Un cucciolo di panda (Ansa)

Negli ultimi anni gli sforzi per la salvaguardia del panda gigante, uno dei simboli della lotta per la conservazione ambientale, sono stati ripagati con risultati incoraggiati. Dagli anni ottanta, la creazione di decine di riserve e corridoi protetti in Cina ha quasi raddoppiato il numero di panda allo stato brado, da circa 1000 esemplari agli oltre 1800 presenti attualmente nelle foreste di bambù. Tuttavia, un recente studio internazionale pubblicato Nature rivela che queste politiche potrebbero avere favorito una singola specie a discapito di altre ugualmente a rischio. L'analisi delle immagini raccolte per oltre 10 anni nelle riserve, mediante l'uso di foto trappole, evidenzia ad esempio che, a fronte dell'aumento dei panda, si è registrata all'opposto una diminuzione di alcuni grandi carnivori, tra cui lupi, leopardi, leopardi delle nevi e cani selvatici asiatici. Un dato che secondo gli autori fa vacillare la tesi, da sempre molto diffusa, secondo cui investire tempo e denaro a favore di una specie particolarmente 'influente' paghi dei dividenti anche per gli animali che convivono con essa.

L'unione fa la forza

In un articolo apparso su The Conversation, l'ecologo Jason Gilchrist, della Edinburgh Napier University, commenta la ricerca spiegando che un ecosistema somiglia molto all'organismo umano, dove ogni organo ha un compito specifico, ma al tempo stesso non può prescindere dal buon funzionamento delle altre parti del corpo. In tema di conservazione ambientale, questo significa che un approccio troppo sbilanciato verso un singolo animale può avere conseguenze negative, in quanto trascura le creature meno popolari e carismatiche, che sono però altrettanto importanti per tenere in piedi l'ecosistema.

La solitudine dei panda

A complicare le cose c'è poi il fatto che il panda ha una dieta altamente specializzata, a base di bambù, che lo lega a una nicchia ecologica molto ristretta. In sostanza, il panda non è ascrivibile alla categoria delle cosiddette specie ombrello, ossia gli animali la cui conservazione comporta indirettamente la tutela di molte altre specie dell'ecosistema. Una specie ombrello è ad esempio il castoro, che con la sua laboriosità crea degli spazi che vengono occupati da pesci, anatre e animali acquatici.

Serve una visione più ampia del problema

In conclusione i ricercatori non contestano l'utilità di proteggere il panda gigante, che, anzi, in qualità di 'animale icona', è spesso un ottimo testimonial per convogliare l'attenzione (e dunque il denaro) verso cause ambientali più estese. La ricerca mette piuttosto in luce la necessità di un approccio alla salvaguardia del pianeta con orizzonti più larghi, che tenga maggiormente conto della complessità degli ecosistemi e dell'evidenza scientifica che tutte le specie sono fondamentali affinché un habitat si preservi in salute.

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